I  BORBONI  DI  NAPOLI

 

Di Alexandre Dumas

 

Libro I 

 

 

 

Ferdinado IV° o I°.                                                                                               CAPITOLO IX.

 

 

 

Nel corso dell'anno 1782 morì a Napoli, in età di 82 anni, un monaco domenicano, più popolare, e più celebre pe' suoi sermoni, di quel che non sono stati in Francia Flechier, Fenelon, Bossuet, ed anche il piccolo Padre Andrea di faceta memoria.

Questo monaco si chiamava Padre Rocco.

Egli era più potente a Napoli del Sindaco, dell'Arcivescovo, ed anche del Re.

Quando vi era qualche sommossa, qualche rivoluzione, qualche riunione tumultuosa infine, si mandava a chiamare Padre Rocco.

Padre Rocco arrivava, si metteva all'opera, e, quasi sempre, aggiustava l'affare.

Egli aveva tre modi di raggiungere questo risultamento, la persuasione la minaccia, e il menar delle mani.

Cominciava dal parlare a' recalcitranti con una unzione tutta speciale, delle ricompense del Paradiso. Se il mezzo falliva, passava al quadro delle pene dell'inferno, infine, se la minaccia non aveva migliore riuscita della persuasione, traeva fuori del suo abito un nerbo di bove, e batteva con tutte le sue forze il suo uditorio. Bisognava che il peccatore fosse bene indurito per resistere a quest'ultimo argomento.

Padre Rocco era nato col XVIII secolo, nella parrocchia di S. Giovanni in Corte, il 4 ottobre 1700.

Suo padre si chiamava Francesc'Antonio Mari‑Ruocco. Sua madre, Anna Starace.

La venerazione, in cui si ha a Napoli Padre Rocco, ha fatto conservare perfino il nome della levatrice, che l'aveva raccolto.

Ella si chiamava Teresa Monaca.

Una vocazione naturale lo spinse a vestire l'abito ecclesiastico, e siccome era molto divoto della Vergine, divozione particolare di S. Domenico, scelse, l'abito di coloro che convertirono gli Albigesi.

L'esordire di Padre Rocco nella via della conversione non fu fortunato. Egli dirigeva, da molti anni, la coscienza d'una grande devota che egli riguardava come già sicura del Paradiso, per le religiose cure di cui l'avea circondata, e come prossima a fare de' miracoli.

Ma un giorno che la confessava, e che ascoltava non già il catalogo dei suoi peccati, ma l'enumerazione delle sue virtù che lo facevano andare in estasi di contentezza e d'orgoglio, sentì la voce d'un fanciullo che ripetè parecchie volte, Mammà, Mammà.

Commosso a questa voce, che gli sembrava ben fanciullesca, si slanciò fuori del confessionale, vide un fanciullo di cinque a sei anni, e domandò alla devota;

Che cos'è questo fanciullo?

E’ mio figlio, Padre santo, rispose ella.

Come tuo figlio? esclamò il monaco, quel fanciullo ha sei anni appena, e son già dodici anni che tuo marito è morto.

E’ vero, Padre santo, ma l'ho fatto con un mio compare.

Padre Rocco si slanciò fuori della chiesa come s'era slanciato fuori del confessionale, e, da quel momento non volle più confessare nessuna donna.

Si diè, sopratutto, allora a confessare gli uomini del popolo ; a mettersi a parte de' loro mali, ed a guadagnarsi la loro fiducia.

Padre Rocco diventò così il mediatore fra il popolo, ed il potere regio.

Un giorno che si trovava nell'anticamera a Palazzo, circondato dagli Uffiziali della Casa Reale, con i quali andava al baciamano, un povero, più nudo e più impiagato di Lazzaro, s'introdusse fra mezzo all'onorevole società, e, avvicinandosi al Padre Rocco, gli baciò la mano.

Alla vista di quel meschino gli uffiziali misero le alte grida, domandando chi avea lasciato entrare simile mendicante, e richiedendo che fosse subito cacciato fuori della porta.

Scusate, signori, disse Padre Rocco, ma, se voi cacciate questo povero diavolo, bisognerà che cacciate anche me, che sono suo nipote.

Padre Rocco mentiva, ma non badava punto, nè a mentire, nè a giurare, nè a far peggio ancora, quando si trattava di dare al suo prossimo una lezione di beneficenza o d'umiltà.

Quando, nel passare per una strada, sentiva pronunziare un'ingiuria, rimproverava colui che ingiuriava; se era una grossa bestemmia, per la quale credeva che un semplice rimprovero fosse troppo poco, cavava fuori il suo nervo di bove, e dava, con quello, un gran colpo sulle spalle del bestemmiatore, dicendogli:

Ora, se tu continui a bestemmiare sarà almeno con qualche ragione.

Quando in una società sentiva parlare di amore, o di qualunque cosa che offendesse la religione, si alzava, ed usciva dicendo:

Mi sento indisposto qui. Buona sera.

Padre Rocco faceva delle frequenti visite nelle case di prostituzione, e vi otteneva sempre qualche conversione.

La prima volta che entrò in una casa di questo genere, vi trovò una peccatrice, talmente pentita che non volle lasciare quella povera anima nel pericolo di ricadere fra gli artigli del demonio, ma la prese nella sua carrozza, che era una carozzella scoperta, ed in mezzo alle risa, agli urli, ed agli applausi del popolo, le fe'traversare tutta Napoli, e la condusse in un ritiro di donne.

Un giorno sulla piazza del Castello, luogo di riunione delle donne di cattiva vita e della plebe, nacque una disputa fra i lazzaroni ed i sbirri, a proposito di quelle donne. Si davano delle coltellate secondo il solito, e non poche ferite più o meno profonde, erano state fatte alla pelle de'combattenti, senza che si potesse giungere a separarli.

Padre Rocco, che trovavasi nelle vicinanze, inteso il rumore, accorse, e, siccome provava qualche difficoltà a penetrare nel centro della folla, cioè dove si battevano, prese il crocifisso da una mano, si fè largo battendo col nervo di bove con l'altra, e lavorò energicamente con le due mani, che giunse al centro, cioè al luogo del combattimento; separò i combattenti, battendoli a stesa di braccio, e rimandò ognuno a casa sua.

Il primo giorno, in cui il re Carlo III lo vide, gli domandò :

‑ Che cosa fate Padre Rocco?

‑ Precisamente quel che fa Vostra Maestà, rispose il monaco.

‑ E come?

‑ Sì; quando Vostra Maestà ha adempito alle sue regali obbligazioni, si diverte alla caccia alla pesca, ed io Pure, quando ho adempito a'miei obblighi religiosi, vo alla caccia, ed alla pesca.

‑ E che pesca, e che caccia fate?

‑ Vò alla pesca delle anime, ed alla caccia del demonio.

Da quel momento il re Carlo III capì che Padre Rocco non era un uomo ordinario, e gli disse: Padre Rocco, quando avrete bisogno di me, venite da me, a patto che quando io avrò bisogno di voi, verrò da voi.

Citiamo un esempio dell'eloquenza popolare del Padre Rocco.

Un giorno, che predicava in una piazza pubblica di Napoli, avendo il crocifisso a destra, e la Madonna a sinistra, e che la pittura che faceva dell'Inferno, faceva un effetto tale sul suo uditorio che ognuno scoppiò a piangere, si fermò tutto ad un tratto.

Con la voce del predicatore si fermarono anche i singhiozzi come si ferma tutta un'orchestra quando la bacchetta del direttore comanda il silenzio.

Voglio ora, disse il Padre Rocco dopo una pausa, VOglio, sentitemi bene, un segno esterno del pentimento sincero che voi provate, ricordandovi dei vostri peccati, del vivo desiderio che avete di non ricader più nelle stesse colpe. Che quelli che son risoluti di pentirsi alzino la mano.

Tutto l'uditorio ubbidì, e non si vide più sopra l'immensa folla che mani in aria.

Padre Rocco fè una nuova pausa, e, volgendo uno sguardo ispirato dal Crocifisso alla santa Vergine, ed inginocchiandosi disse :

Signore mio Dio, mettetemi in mano la spada del beato Apostolo S. Paolo perchè io tagli di tutte quelle braccia alzate quelle che vi hanno offeso con falsi giuramenti, con furti, e con delitti di ogni specie, che non possano più commettere, in avvenire, simili colpe.

Ma a queste parole tutte le mani si abbassarono.

Non vi sarebbe stato un solo uditore che, se Dio avesse esaudita la preghiera del santo Predicatore, non fosse restato monco d'un braccio per tutto il resto della sua vita.

Andiamo, disse egli, vedo bene che siete tutti della canaglia, ma siccome Iddio vuol la conversione, e non la morte del peccatore, ricevete sempre la mia benedizione, essa varrà... quel che varrà.

E rientrò nel suo convento nello Spirito Santo, accompagnato da tutto il suo uditorio, che gridava: Viva Padre Rocco, a voce più alta di quel che non avesse mai gridato: viva Carlo III.

Padre Rocco avea infatti la sua cella nel convento dello Spirito Santo. Il primo giorno in cui vi andò a dimora, trovandola troppo grande per lui solo, la divise in due tenendo la prima parte per sè, e riservando l'altra per un presepe, ma, siccome per fare questo presepe gli mancava il legno, scese in una cantina, accompagnato da un frate laico, che gli facea lume. Avendo scorto in un angolo una specie di trave, provossi a strascinarlo; ma si avvide che era un cilindro di tela, accuratamente legato. Aiutato dal suo compagno sciolse le cordicelle, ed apparve a'loro occhi una magnifica immagine della SS. Vergine col fanciullo Gesù fra le braccia. Ad un canto della tela, dall'altra parte della pittura, erano scritte queste parole: Dominicus Pignoli pinxit anno 1699. Era precisamente un anno prima della nascita del Padre Rocco.

Grande fu la gioia del degno religioso, e quella immagine fu posta nella chiesa dello Spirito Santo al muro laterale di S. Ludovico Bertrand, cappella, che si trova esser la prima a man dritta nell'entrare. Una cornice di marmo di diversi colori la circonda, la cornice fu fatta dal suo figlioccio spirituale Luigi Tramontana. Innanzi a questa immagine arde continuamente una lampada, in memoria di quello che l'ha ritrovata.

Alla terribile eruzione dell'8 agosto 1779 essendo arcivescovo di Napoli Monsignor Filangieri, il popolo, spaventato dai disastri cagionati dal Vulcano, e vedendo che la lava si avvicinava alla città, nella notte andò in folla alla Cattedrale, ordinando all'Arcivescovo di prendere immediatamente il busto di S. Gennaro, posto nella cappella del Tesoro e di trasportarlo al Ponte della Maddalena, perchè ordinasse alla lava di fermarsi, e, dicendo ciò, il popolo minacciò di metter fuoco alla casa dell'Arcivescovo contro la quale si riuniva già ogni specie di materie combustibili.

Il prelato spaventato, non sapendo che fare, mandò a chiamare Padre Rocco.

Padre Rocco accorse. L'Arcivescovo lo pregò di calmare quella folla furiosa, e di temporeggiare in modo che, invece di uscire nella notte, ciò che presentava ogni sorte d'inconvenienti, la processione uscisse l'indomani, e quando facesse giorno.

Padre Rocco salì sul balcone dell'Arcivescovado, e si fè vedere al popolo, che l'accolse col suo grido ordinario di evviva Padre Rocco, e fè segno di voler parlare.

Subito si fè silenzio.

Che volete? Che chiedete? disse Padre Rocco.

Noi dimandiamo che si tragga, in questo stesso momento, S. Gennaro dal Tesoro, e che si porti processione fino al Ponte della Maddalena.

Ma Padre Rocco, rialzando la testa, ed incrociando le braccia disdegnosamente.

Voi siete, in fede mia, de'curiosi buffoni, egli disse, venendo a gridar qui nel bel mezzo della notte: S. Gennaro, S. Gennaro, come se gridaste S. Crispino o S. Fiacre.

Sappiate che S. Gennaro è un gentiluomo che non si incomoda così per chiunque viene.

Guarda, disse una voce fra la folla, Gesù Cristo s'incomoda pure per chiunque viene. Quando io domando il Signore forse che me lo ricusano?

Ecco precisamente dove io v'aspettava, riprese Padre Rocco. Di chi è figlio Gesù Cristo? Fatemi il piacere. D'un povero falegname di Nazaret, e d'una povera popolana, mentre S. Gennaro è altra cosa.

Egli viene in diritta linea dai Januarii di Roma, la cui geneologia si perde nella notte de'tempi. Egli è figliuolo d'un senatore e di una patrizia; è dunque, come voi vedete, un personaggio ben diverso da Gesù Cristo; andate a domandare il Signore se volete ma, quanto a S. Gennaro, son io che ve lo dico, quando anche vi riuniste in numero dieci volte più forte, egli non s'incomoderà per voi, perchè ha il diritto di non incomodarsi.

E quando si potrà avere S. Gennaro? domandò rispettosamente la folla.

Domani mattina, quando avrà fatto il suo ben sonno. Ritornate, e noi procureremo di fargli giungere la vostra preghiera,

Il popolo si ritirò, convinto dalle parole di Padre Rocco, e ritornò l'indimani, senza sapere se il santo era svegliato.

Egli trovò Monsignor Filangieri, preparato ad andar col santo alla Chiesa della Maddalena.

S'intende che il Santo con la sua solita potenza ordinò al Vulcano di calmarsi, e che il Vulcano ubbidì.

Il re fu informato del buon successo del Padre Rocco e, fattolo venire a lui, gli pose la mano sulla spalla, e, con quel sorriso beffardo che non apparteneva ad altri che a Ferdinando, gli disse:

Evviva Fra Rocco, tu sei veramente un uomo di risorse, io ti sono obbligato. Continua sempre così, ed intanto fammi il piacere di venirmi a trovare uno di questi giorni al Palazzo di Capodimonte.

Ci verrò, rispose il monaco.

Infatti otto giorni dopo, mentre il re e la regina stavan guardando dalle finestre i reali fanciulli che giuocavano sull'erba, grandi grida, molte volte ripetute di: Padre Rocco, Padre Rocco, annunziarono l'arrivo del monaco.

Ferdinando e la Regina gli andarono incontro, e feron segno ai giovani principi ed alle giovani principesse di fare altrettanto.

Padre Rocco incominciò dal fare la questua per i poveri carcerati, come se non fosse venuto altro che per questo, e come se avesse dimenticato l'invito del re.

Da parte loro il re, la regina, ed i giovani principi fecero la loro elemosina.

Allora il Padre Rocco volle andarsene, ma Ferdinando lo fermò:

Un momento, Padre Rocco, disse il re, uno non se ne va così.

E come se ne va? Sire.

Ciascuno la sua obbligazione. Noi dovevamo darvi la elemosina, e ve l'abbiam data; voi ci dovete fare una predica, fatecela.

Oh sì, sì, una predica, gridarono la regina, il principe Francesco, ed il principe di Salerno.

Ah, si, sì, una predica, ripeterono, in coro, tutti i cortigiani.

Io sono assuefatto a predicare a' lazzaroni, e non alle teste coronate, rispose Padre Rocco, perdonatemi dunque, se credo dover ricusare l'onore che mi fate.

Niente affatto, niente affatto, voi non ve ne caverete fuori così. Noi vi abbiam dato la nostra elemosina, vogliamo la vostra predica: Non si esce di qua.

Ma che genere di predica? domandò il frate.

Fateci una predica per divertire i ragazzi.

Il frate si morse le labbra, poi, indirizzandosi al re:

Voi lo volete dunque assolutamente, Sire?

Sì certamente lo voglio.

Questa predica essendo fatta per divertire i ragazzi, non vi faccia maraviglia se comincia da un racconto di fate.

Cominciatela come volete, ma fatecela.

Come vi piace, Sire.

E Padre Rocco salì sopra una sedia per meglio dominare il suo augusto uditorio.

In nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, incominciò Padre Rocco.

Amen interruppe il re.

Vi era una volta, cominciò il Frate, salutando il re come per ringraziarlo che si fosse compiaciuto di servirgli da sagrestano, vi era una volta un gambero ed una gamberessa.

Come dite? esclamò Ferdinando, che credeva aver male inteso.

C'era una volta un gambero ed una gamberessa, riprese gravemente Padre Rocco, i quali aveano avuto, in legittimo matrimonio, tre maschi e due femmine, che davano le più belle speranze. Perciò il padre e la madre avean posto presso questi loro figli i migliori professori, e le governanti più istruite che poterono trovare. Aveano soprattutto raccomandato agli istitutori ed alle istitutrici di far imparare a' loro figli a camminar dritto.

Quando l'educazione de' tre maschi fu finita il padre gli riunì innanzi a lui, ed avendo lasciato il professore nell'altra stanza, perchè gli allievi, non essendo sostenuti dalla sua presenza, egli potesse meglio giudicare dell'educazione che aveano ricevuta:

Mio caro figlio, disse al maggiore, io ho raccomandato fra le altre cose che vi si facesse imparare a camminar dritto. Camminate un poco, perchè veda come sono state seguite le mie istruzioni.

Volentieri Papà mio, disse il figlio maggiore, guardatemi e vedrete.

E subito si mise in moto.

Ma, disse il padre. Che diamine fai?

Che fo? Vi ubbidisco: cammino.

Sì tu cammini, ma cammini di traverso. Si chiama camminare codesto? Vediamo, ricominciamo.

Ricominciamo, Papà.

Ed il figlio si rimise in moto. Il Padre mise un grido di dolore. La prima volta suo figlio aveva camminato da dritta a sinistra, la seconda camminava da sinistra a destra.

Ma non puoi dunque andar dritto? esclamò il padre.

E che non vò dritto ? domandò il figlio.

Egli non vede la sua malattia, esclamò il povero gambero congiungendo i suoi grossi artigli, ed elevandoli, dolorosamente, verso il cielo.

Poi, volgendosi verso il suo figliuolo minore:

Vieni qua tu, gli disse, e fa vedere al tuo fratello maggiore come si cammina.

Volentieri, Papà mio, disse il secondo.

Ed incominciò esattamente la stessa manovra che aveva fatta il suo fratello maggiore; senonchè, invece d'andare, come la prima volta, da dritta a sinistra, e la seconda volta da sinistra a destra, andò la prima volta da sinistra a destra, e la seconda volta da destra a sinistra.

Sempre di traverso! gridò il padre disperato, poi si rivolse, con le lagrime agli occhi, verso il più giovane de'suoi figli.

Vediamo tu, gli disse, muoviti alla tua volta, e dà l'esempio a'tuoi fratelli.

Papà mio, rispose il terzo che era un giovane gambero pieno di buon senso, mi pare che l'esempio ci gioverebbe molto dippiù se ce lo daste voi stesso. Camminate dunque, e mostrateci come si deve fare: ciò che voi farete noi lo faremo.

Allora, continuò Padre Rocco, allora il padre...

Basta, basta, disse Ferdinando. Ne abbiamo avuta la parte nostra, la Regina ed io, voi potete ritornare a domandarci l'elemosina, quando vorrete, noi non vi domanderemo più prediche. Addio Padre Rocco.

Addio Sire.

E Padre Rocco si ritirò lasciando a metà la sua predica, ma portandosi via tutta la sua elemosina.

Padre Rocco vedeva con gran pena, non solamente la smania popolare de'Napoletani per il giuoco del lotto, ma anche la furia con la quale l'alto ceto della società, frequentava le case di giuoco. Salì pertanto un bel giorno al Palazzo reale, ove aveva sempre la sua entrata libera, tenne un discorso al Re Carlo III, sulle conseguenze deplorabili di questa passione, e chiese un decreto che, pur lasciando sussistere il giuoco del lotto, che è una imposizione, necessaria al governo, proibisse le case di giuoco.

Il Re Carlo III, credette dover fare qualche osservazione, ma Padre Rocco, in presenza de'cortigiani, trasse fuori della sua tasca un elenco delle migliori famiglie di Napoli che erano state rovinate dal giuoco, o che si erano empite di debiti a causa del giuoco. Parecchi di que'nomi erano quelli de'cortigiani presenti a questa scena.

Allora il Re, quantunque i giuochi fruttassero allo stato sessanta milioni di ducati all'anno, pubblicò il seguente decreto.

« Attesocchè s'è introdotto nel nostro regno il vizio  del giuoco che è la rovina delle famiglie e dello Stato; che nel medesimo regno per Costituzione dell'Imperatore Federico II, i giuocatori di professione così di dadi come di carte ec. sono dichiarati infami. Rinnovo  perciò tutti gli antichi ordini, Bandi e Prammatiche...  ed ordine che ne'Piani delle Piazze, nei Castelli, Quartieri di soldati, Corpi di Guardia, Darsena, Galere,  Navi, Presidii, ne'Casini ed Osterie, in Case ove si  vende vino ec. affatto non si possa giuocare da niuno  il giuoco di Parata come a dire di Bassetta, Quanto  inviti, Primiera, Goffo, Trenta e quaranta, Faraone,  Banco fallito, Zecchinetto, Biribisso, Paris y Pinta,  Scassa dieci, sette, o otto, scassa quindici. Cavagnola  Zaccanette la Flor, alle Farciuole, nè al Rotello ossia Bianchetto ec. A chi giuoca; se sarà nobile, pena  cinque anni di relegazione; se ignobile per cinque anni in Galera, se sarà donna di qualunque stato grado  e condizione si sia per cinque anni di esilio dal luogo  del commesso delitto, e dal suo domicilio dalla città  ed oltre queste pene anche le pecuniarie ad arbitrio  del giudice; così per quelle che tengono giuoco in  casa.

« Permetto i giuochi leciti per alleviamento del corpo e dello spirito, cioè il giuoco del tre‑sette, a mano  in tre, detto la Calabresella ed in quattro, e dell'Umbria a mano, in tre o quattro, e cinque. Al tre sette in  terra Reversino, Pichetto, ed altri giuochi di carte ma  che non sieno d'invito e giuocandosi con carte dell'Arrendamento, e del partito; così che si possa giuocare  a'giuochi d'ingegno, come gli Scacchi, della Mirella, Oca; e quelli che servono per esercitare il corpo, come il Trucco, Palle, Bocce, e Pallone ec. ec. ».

Fu pubblicato un lavoro tratto dal giornale d'Amburgo che riferiva il fatto seguente raccolto da un assiduo frequentatore delle case da giuoco:

Su mille e seicento individui che frequentavano quelle case, la metà circa avea perduto tutto : vita e beni, cento eran diventati ladri e truffatori, gli altri morti di morte subitanea, di miseria o di disperazione.

Ciò che vi era di rimarchevole in questo lavoro si è che, nel corso di due anni, il nostro osservatore non ha potuto vedere un solo de'seicento giuocatori che rimanevano, portare un abito nuovo.

Napoli, che non è, neppure adesso, bene illuminata ancora, era, cent'anni fa, nelle tenebre più profonde. I ricchi si facevano far lume nella notte da un servitore che portava la torcia, i poveri procuravano di trovare dei ricchi che facessero la medesima strada, e profittavano della loro torcia e qualche volta, della loro borsa, utensile che il Napolitano in generale, ha una sì incredibile destrezza a trar fuori dalla tasca del suo vicino che si direbbe che gli viene dalla infanzia.

Risultava da questa oscurità, che i furti erano doppiamente più frequenti, in quel tempo, di quel che sono adesso, ciò che pare impossibile, ma che pure è l'esatta verità.

Perciò la Municipalità decise un bel mattino che s'illuminassero le tre strade principali di Napoli: Toledo, Chiaia e Forcella.

Non eran forse queste tre strade quelle che era più urgente d'illuminare, attesocchè queste tre strade erano precisamente quelle che potevano, meglio delle altre, far a meno d'illuminazione. Ma non si arriva di botto alla perfezione e, per quanto sia grande la tendenza naturale che hanno le Municipalità, e, particolarmente quella di Napoli ad essere infallibile, essa è come tutte le altre cose di questo mondo, sotto posta alle pruove ed al progresso.

Una cinquantina di lampioni furono dunque sparpagliati lungo le tre strade suddette senza che si domandasse ai lazzaroni se la cosa lor conveniva.

L'indomani non n'era rimasto più neppur uno.

I lazzaroni gli avevano rotti dal primo all'ultimo.

Si rinnovò l'esperienza tre volte, e tre volte, sebbene questo numero piaccia agli Dei, vi fu lo stesso risultamento.

Ciò che piace agli Dei non piace sempre ai lazzaroni.

La Municipalità dovette perdere i suoi centocinquanta lampioni.

Si fè venire Padre Rocco, e gli fu detto in quale imbarazzo si trovava il Governo. Padre Rocco riconobbe la necessità di simile miglioramento, e prese sopra di sè di fare intendere ragione ai ricalcitranti, purchè gli si permettesse di trattare con loro a suo talento.

La Municipalità, contentissima d'essere liberata da questa noia, gli diè carta bianca, e Padre Rocco si mise subito all'opera.

Padre Rocco aveva, tutt'al contrario della Municipalità, compreso che bisognava illuminare prima le strade strette e tortuose, ed avea conosciuto che il centro, dal quale dovevano partire tutti i raggi, era la strada S. Giuseppe, che esce da una parte a Piazza Medina, dall'altra ai Fiorentini.

Egli fè dunque dipingere sopra un muro bianco verso la metà della strada, o presso a poco, un magnifico S. Giuseppe.

I lazzaroni seguivano il progresso della pittura sulla muraglia con un piacere evidente.

Abbiamo dimenticato di dire che il lazzarone è artista. Se se ne dubita, si vedano i Pulcinelli che mangiano i maccheroni alla porta delle osterie.

Quando l'affresco fu terminato, Padre Rocco accese un cereo innanzi l'affresco. Egli era devoto di S. Giuseppe; faceva ardere un cereo in onore del santo. Non ci era nulla da dire. D'altronde il cereo faceva una luce molto incerta. A dieci passi di distanza si poteva rubare, assassinare Bisognava avere gli occhi di un gufo per distinguere il ladro dal furto, l'assassino dalla vittima, lo omicida dall'ucciso.

L'indomani Padre Rocco accese un secondo cereo, la sua divozione cresceva, non ci era nulla da dire, ma due ceri facevano doppio lume, i lazzaroni cominciarono ad osservare che non era più così oscura la strada di S. Giuseppe.

Il giorno dopo Padre Rocco accese un terzo cereo. Questa volta i lazzaroni si lagnarono a voce alta. Padre Rocco non fè nessun caso de'loro lamenti, e, siccome la sua devozione a S. Giuseppe andava crescendo ogni giorno, il quarto giorno accese un lampione.

Questa volta non c'era da ingannarsi sulle intenzioni di Padre Rocco. A mezza notte, nella strada S. Giuseppe faceva chiaro come di giorno.

I lazzaroni, questa volta ruppero il lampione di Padre Rocco, come aveano rotto i lampioni del Governo.

Padre Rocco annunziò che predicherebbe la Domenica seguente sopra il potere di S. Giuseppe.

Era un grande avvenimento una predica di Padre Rocco.

Padre Rocco predicava raramente, e sempre in occasioni gravissime. Non era, come l'abbiam veduto nella prima predica, un banditore di frasi, era un banditore di fatti.

Ora siccome, i fatti raccontati da Padre Rocco erano sempre relativi all'intelligenza dell'uditorio le prediche del Padre Rocco producevano, per solito, una profonda impressione sulle sue pecorelle.

Così, appena si sparse la voce che Padre Rocco predicava tutti i lazzaroni si diedero uno all'altro questa importante notizia, dimodochè, all'Ora indicata per la predica, la chiesa non sola era piena, ma ancora v'era una coda che si divideva in due sui gradini della chiesa. Gli ultimi, come si capisce bene, non potevano sentir nulla, ma eglino contavano sulla cortesia di coloro che sentivano per ripeter loro ciò che quelli avevano sentito.

Padre Rocco salì sul pergamo, aprì la bocca, tutti tacquero.

Figli miei, disse, è bene che sappiate che son io che ho fatto dipingere il S. Giuseppe, che voi potere ammirare nella strada che porta il nome di questo gran Santo.

Lo sappiamo, lo sappiamo, dissero in coro i lazzaroni.

Padre Rocco, tutto al contrario d'una quantità di predicatori, che pongono anticipatamente la condizione di non essere interrotti, Padre Rocco provocava ordinariamente il dialogo, poichè la sua grande forza stava nelle risposte.

Figli miei è bene che sappiate, continuò egli, che son io che ho posto un cereo innanzi a S. Giuseppe.

Noi lo sappiamo, risposero i lazzaroni.

Che son io che ho posto due cerei innanzi a S. Giuseppe.

Lo sappiamo pure.

Che son io che ho posti tre cerei innanzi a S. Giuseppe.

Lo sappiamo sempre.

Infine, che son io che ho messo un lampione innanzi a S. Giuseppe.

E perchè avete posto un lampione innanzi a S. Giuseppe? quando non si mettono lampioni innanzi agli altri santi ?

Perchè S. Giuseppe, avendo maggior potenza di tutti gli altri santi nel cielo, deve più degli altri essere onorato sulla terra.

Oh! Oh! fecero i lazzaroni.

Non ci è oh! oh! che tenga.

Eppure, Padre Rocco, ci sembra che vi è in cielo il Signore, che passa avanti a lui.

Il Signore? Sì ci convegno, disse Padre Rocco.

La Madonna.

La Madonna è sua moglie; e, da quando in qua, la moglie passa avanti al marito?

Gesù Cristo.

Gesù Cristo è suo figlio, e quando avete veduto che il figlio passa avanti al padre?

Così S. Giuseppe ha più potere della Madonna?

Sì.

Più potere di Gesù Cristo?

Sì.

Che potere ha dunque?

Ha il potere di far entrare in cielo tutti coloro che furono suoi devoti sulla terra.

Tutti ?

Tutti senza eccezione.

Qualunque cosa abiano fatta?

Sì.

Qualunque delitto abbiano commesso?

Sì.

Anche i ladri?

Anche i ladri.

Anche i briganti?

Anche i briganti.

Anche gli assassini?

Vi fù un gran mormorio d'incredulità nell'assemblea. Era la prima volta che si metteva in dubbio una cosa affermata da Padre Rocco.

Voi dubitate? disse Padre Rocco.

Hum, fecero i lazzaroni.

Ebbene volete che vi racconti ciò che è accaduto, otto giorni fa, a Mastrillo?

A Mastrillo, al famoso Mastrillo?

Al famoso Mastrillo.

Che è stato giudicato a Gaeta?

E impiccato a Terracina, perchè a Terracina aveva commesso il suo ultimo delitto.

Raccontate, Padre Rocco, raccontate, esclamarono tutte, come un sol'uomo, le bande.

Padre Rocco non domandava altro, così non si fè punto pregare.

Come voi sapete, riprese, Mastrillo era un bandito senza legge e senza fede, ma ciò che voi non sapete è che Mastrillo era devoto di S. Giuseppe.

E’ vero, noi non lo sapevamo, dissero i lazzaroni.

Ebbene io ve l'insegno.

I lazzaroni si ripeterono uno all'altro la notizia, che avea dato loro Padre Rocco.

Ogni giorno Mastrillo faceva la sua preghiera a S. Giuseppe, e gli diceva: Padre Santo! lo sono un gran peccatore, e non mi rimane altro che su di voi contare all'ora della mia morte, poichè non vi è altri che voi che possiate ottenere dal Signore che un riprovato, come son io, possa entrare in paradiso, ogni altro degli eletti vi perderebbe il tempo, io non conto dunque senonchè su voi. O Gran S. Giuseppe!

Ecco la preghiera ch'egli faceva ogni giorno.

Ebbene? domandarono i lazzaroni.

Ebbene, rispose Padre Rocco, allorchè fu fra le mani del carnefice, quando fu sulla scala, quando ebbe la corda al collo, domandò di poter dire una piccola preghie­ra. Gli venne accordato, ripetè allora la sua solita ora­zione, ed, all'ultima parola della sua orazione, senza aspettare che il carnefice lo spingesse, saltò dalla scala in aria. Cinque secondi più tardi, egli era impiccato.

Io l'ho veduto impiccare, disse uno degli assistenti. Ebbene, quel che dico del modo in cui morì non è forse vero? domandò Padre Rocco.

E’ la pura verità, rispose il lazzarone.

E poi, e poi? gridarono i lazzaroni, che incomincia­vano a prender gusto al racconto di Padre Rocco.

Padre Rocco riprese:

Appena Mastrillo fu morto, egli vide due strade aper­te dinnanzi a lui: una che saliva, una che scendeva. Quando uno è impiccato da poco, gli è permesso d'igno­rare ciò che si fa. Mastrillo prese la strada che scende.

Egli scese, scese, scese per un giorno ed una notte, e poi un altro giorno, infine trovò una porta di bronzo.

Era la porta dell'inferno.

Mastrillo battè alla porta. Plutone comparve:

Donde vieni? gli domandò Plutone.

Vengo dalla terra, rispose Mastrillo.

Che vuoi?

Voglio entrare.

Chi sei?

Sono Mastrillo.

Qui non c'è posto per te, tu hai passata la tua vita a pregare S. Giuseppe. Non c'è posto per te qui, va a tro­vare il tuo santo.

E dove sta S. Giuseppe?

Sta in Cielo.

Per dove si va al cielo?

Riprendi la strada per la quale sei venuto, quando sa­rai in fondo a quella strada, ne troverai un'altra che continua a salire. Quando sarai messo su quella strada, va sempre dritto, il Cielo è in fondo.

Non ci è da sbagliarsi?

No.

Obbligatissimo.

Non vale la pena di parlarne.

Plutone chiuse la porta, e Mastrillo prese la strada dei Cielo.

Salì per un giorno, una notte ed un giorno, poi salì ancora per una notte, un giorno ed una notte.

Infine trovò una porta : era la porta del cielo.

Mastrillo picchiò a quella porta, S. Pietro apparve.

Donde vieni? domandò S. Pietro.

Vengo dall'inferno, rispose Mastrillo.

Che vuoi?

Voglio entrare.

Chi sei?

Sono Mastrillo.

Come, esclamò S. Pietro, tu sei Mastrillo? Mastrillo il bandito, Mastrillo il ladro, Mastrillo l'assassino e tu domandi ad entrare in cielo?

Non mi ci vonno all'inferno, disse Mastrillo, e bisogna pure che vada in qualche sito.

E perchè non ti ci vogliono nell'inferno? domandò S. Pietro.

Perchè sono stato in tutta la vita mia devoto a S. Giuseppe.

Eccone un altro, esclamò S. Pietro, ma così non la finiremo più. Tanto peggio in fede mia sono stanco di sentire sempre la stessa canzone: Vattene al diavolo.

Io ne vengo.

Ebbene allora ritornaci.

Ah! no: mille grazie, è troppo lontano.

Son già cinque giorni, e quattro notti che io cammino senza fermarmi mai. Sono stanco, lo non sono lo Ebreo errante, io ; sto qui e ci resto.

Come tu ci resti?

Sì.

E tu pensi entrare mio malgrado?

Lo credo bene.

E su chi conti tu per obbligarmi ad aprire?

Su S. Giuseppe, e, con tutta la voce che aveva in corpo, Mastrillo gridò: S. Giuseppe, S. Giuseppe.

Chi ricorre a me? disse una voce.

lo, gridò Mastrillo, che aveva riconosciuto S. Giuseppe, il quale, passando per caso, aveva inteso pronunziare il suo nome.

Andiamo, disse S. Pietro, non ci mancava altro.

Che ci è dunque? domandò S. Giuseppe.

Niente, disse S. Pietro. assolutamente niente.

Come niente, esclamò Mastrillo. Voi chiamate niente tutto ciò? Voi mi mandate all'inferno e non volete che gridi?

Perchè mandate quest'uomo all'inferno? domandò S. Giuseppe.

Perchè un bandito, replicò S. Pietro.

Ma, forse, s'è pentito al momento della sua morte.

Egli è morto impenitente.

Non è vero, esclamò Mastrillo.

A qual santo ti sei raccomandato nel morire? domandò S. Giuseppe.

Ma a voi, gran santo, a voi in persona, a voi e non ad altri; ma S. Pietro fa così per gelosia.

Chi sei? disse S. Giuseppe.

Io sono Mastrillo.

Il mio buon Mastrillo, che ogni giorno mi faceva la sua preghiera?

Sono io stesso in persona.

E che al momento della tua morte ti sei indirizzata me, direttamente a me?

A voi solo.

Ed egli vuol impedirti d'entrare?

Se voi non foste passato di qua, era finita.

Mio caro S. Pietro, disse S. Giuseppe prendendo un'aria di dignità, spero che voi lascerete passare questo

uomo.

In fede mia no, disse S. Pietro. Sono portinaio sì o no? Se non si è contenti di me che mi si destituisca, ma voglio essere padrone della mia porta, e non tirare il cordone se non quando mi conviene.

Ebbene, allora, disse S. Giuseppe, voi permetterete che noi referiamo la questione al Signore.

Voi non gli contrasterete il diritto d'aprire la porta a chi gli pare e piace.

Sia pur così. Andiamo dal Signore.

Ma lasciate almeno entrare quest'uomo.

No. Che aspetti fuori della porta.

Che debbo fare, Gran Santo? domandò Mastrillo. Devo non tener nessun conto della consegna? 0 devo ubbidire ?

Aspetta amico mio, disse S. Giuseppe, e, se tu non entri, me ne uscirò anch'io. Capisci?

Aspetterò, disse Mastrillo.

S. Pietro richiuse la porta, e Mastrillo si mise a sedere sulla soglia della porta.

I due Santi andarono in cerca del Signore.

In capo ad un momento lo trovarono che stava occupato a dire l'uffizio della Madonna.

Un altra volta! disse il Signore sentendo il rumore che facevano i due Santi nell'entrare; ma non si può dunque stare in pace cinque minuti! Che volete? disse loro.

Signore, disse S. Pietro, è S. Giuseppe.

Signore, disse S. Giuseppe, è S. Pietro.

Ma voi litigherete dunque sempre? lo sarò dunque eternamente occupato a metter la pace fra voi?

Signore, disse S. Giuseppe, è S. Pietro che non vuol lasciar entrare i miei devoti.

Signore, disse S. Pietro, è S. Giuseppe che vuol far entrare tutto l'universo.

Ed io vi dico che voi siete un egoista, rispose S. Giuseppe.

E voi un ambizioso, replicò S. Pietro.

Silenzio, disse il Signore. Vediamo di che si tratta.

Signore, domandò S. Pietro, sono io, o no il portinaio del Paradiso?

Sicuro. Se ne potrebbe trovare uno migliore, ma infine voi siete tale.

Ho io, o no, il diritto d'aprire, e di chiudere la porta a coloro che si presentano?

Voi l'avete, ma capite bene che si dee esser giusti. Chi è quegli che si presenta?

Un bandito, un ladro, un assassino.

Oh! fece il Signore.

Che è stato impiccato poco fa.

Oh! Oh. E’ vero ciò S. Giuseppe?

Signore... rispose S. Giuseppe, un poco imbarazzato.

E’, vero o no? Rispondete.

Vi è qualche cosa di vero, disse S. Giuseppe.

Ah! disse S. Pietro trionfando.

Ma quest'uomo m'è stato sempre particolarmente devoto, ed io non posso abbandonare i miei amici nella sventura.

Come si chiamava egli? domandò il Signore.

Mastrillo, rispose S. Giuseppe con una certa esitazione.

Aspettate dunque ‑ Aspettate dunque, disse il Signore, cercando nella sua memoria, Mastrillo, Mastrillo, ma io lo conosco.

Un ladro, disse S. Pietro.

Sì.

Un brigante, un assassino ?

Sì sì.

Che se la faceva sulla strada da Roma a Napoli, fra Terracina e Gaeta?

Sì sì sì.

E che saccheggiava tutte le chiese?

Come ed è un uomo simile che tu vuoi fare entrar qui? disse il Signore a S. Giuseppe.

Perchè no? disse S. Giuseppe. Il buon ladrone vi sta pure.

Ah! Tu parli con questo tuono? disse il Signore al quale questo rimprovero era tanto più sensibile perchè era sempre quello che gli facevano i santi allorchè ricusava loro di lasciar entrare alcuno de'loro protetti.

E’ quello che mi conviene, disse S. Giuseppe.

Va bene. Lo vedremo, S. Pietro.

Signore.

Vi proibisco di lasciar entrar Mastrillo.

Badate a quel che ordinate, Signore, riprese S. Giuseppe.

S. Pietro, vi proibisco di lasciar entrare Mastrillo, disse il Signore. Capite?

Perfettamente, Signore. Egli non entrerà siatene sicuro.

Ah! Egli non entrerà? disse S. Giuseppe.

No, disse il Signore.

E' la vostra ultima risoluzione?

Sì.

Voi siete fermamente risoluto?

Sì, sono risoluto.

E' tempo ancora di tornare indietro.

Ho detto la mia volontà.

In questo caso, addio Signore.

Come addio?

Sì, me ne vado.

Dove ?

 Me ne ritorno a Nazareth.

Voi ritornerete a Nazareth? Voi?

Certamente. Non ho nessuna voglia di rimanere in un luogo dove sono trattato come voi fate.

 Mio caro, disse il Signore, ecco già la decima volta che mi fate la stessa minaccia.

 Ebbene, non ve la farò l'undecima.

 Tanto meglio.

Oh. Tanto meglio, allora voi mi lasciate partire?

Con tutto il cuore.

 Voi non mi trattenete?

Me ne guardo bene.

Ve ne pentirete.

 Non lo credo.

Vedremo.

 Ebbene vediamo.

Rifletteteci.

 Ci ho bello che riflettuto.

Addio Signore.

 Addio S. Giuseppe.

 E’, ancora a tempo, disse S. Giuseppe, ritornando indietro.

Non siete ancora partito? disse il Signore.

 No. Ma questa volta parto.

Buon viaggio.

 Grazie.

Il Signore si rimise a fare i suoi affari.

S. Pietro ritornò alla sua porta, S. Giuseppe rientrò nella sua dimora, cinse i suoi reni prese il suo bastone da viaggio, e passò dalla Madonna.

 La Madonna cantava lo Stabal Mater di Pergolesi che era allora arrivato in Cielo.

Le undicimila vergini le facevano coro, i serafini, cherubini, le dominazione, gli angeli e gli arcangeli le servivano da suonatori, l'angelo Gabriele dirigeva l'orchestra.

Prssit, fè S. Giuseppe.

Che ci è? domandò la Madonna.

Ci è che bisogna che mi seguiate.

Dove?

Che v'importa?

Ma infine?

Siete voi moglie mia sì o no?

Sì.

Ebbene la moglie deve ubbidire suo marito.

Io sono vostra serva, Signor mio, e verrò dove voi volete, disse la Madonna.

Va bene, disse S. Giuseppe. Venite dunque.

La Madonna seguì S. Giuseppe con gli occhi bassi, e con la sua solita rassegnazione, sempre pronta, siccome è, a dare l'esempio del dovere, e della virtù in cielo come in terra.

Ebbene, domandò S. Giuseppe, che fate?

Vi ubbidisco, signor mio.

Voi mi seguite sola?

Me ne vado come son venuta.

Non si tratta di ciò, conducete, conducete con voi la vostra corte.

La Madonna fè un segno, e le 11,000 vergini la seguirono cantando; fè un altro segno, ed i serafini, i chedubini, le dominazioni, gli angeli, e gli arcangeli, l'accompagnarono suonando l'arpa, ed il liuto.

Va bene, disse S. Giuseppe, ed entrò da Gesù Cristo. Gesù Cristo rivedeva il Vangelo di S. Matteo, nel quale, erano corsi alcuni errori di tipografia.

Psitt! fece S. Giuseppe.

Che c'è? domandò Gesù Cristo.

Ci è che bisogna seguirmi.

Dove?

Che ve ne importa?

Ma infine?

Siete voi figlio mio, sì, o no?

Sì, disse Gesù Cristo.

Il figlio deve ubbidire a suo padre.

Io sono vostro servo, padre mio, disse il Cristo, ed andrò ove vorrete.

Va bene, disse S. Giuseppe, venite.

Il Cristo seguì S. Giuseppe, con quella dolcezza che l'ha renduto sì forte, e con quella umiltà che l'ha fatto sì grande.

Ebbene, domandò S. Giuseppe, che fate?

Vi ubbidisco padre mio.

Voi mi seguite solo?

Me ne vado come son venuto.

Non si tratta di ciò, conducete con voi la vostra corte.

Gesù fè un segno, e gli apostoli si posero intorno a lui. Gesù levò la voce, ed i santi, e le sante, ed i martiri accorsero.

Seguitemi, disse il Cristo.

E gli Apostoli, i Santi, le Sante, ed i Martiri, lo seguirono.

Egli si pose in testa del corteggio, e s'incamminò verso la porta.

Dietro a lui venivano la Madonna, e tutta la popolazione del Cielo.

Eglino incontrarono lo Spirito Santo, che ragionava con la colomba dell'arca.

Dove andate? domandò lo Spirito Santo.

Andiamo a fare un altro Paradiso, disse S. Giuseppe. E perchè ?

Perchè non siamo contenti di questo.

Ma il Signore?

Il Signore noi lo lasciamo.

Oh! vi è qualche errore qui sotto, disse lo Spirito Santo. Volete permettermi che vada a ragionare col Signore ?

Andate, disse S. Giuseppe, ma sgrigatevi; noi abbiamo fretta.

Ci vò con un volo, e ritorno subito, disse lo Spirito Santo.

Lo spirito Santo entrò nell'Oratorio del Signore, ed andò a porsi sulla sua spalla.

Ah! siete voi disse il Signore, che c'è di nuovo?

Una notizia terribile.

Quale?

Come? Voi non sapete?

No.

San Giuseppe se ne va.

Son io che l'ho messo fuor della porta.

Voi, Signore?

Sì, non vi era modo di vivere con lui: ogni giorno nuove pretensioni, ogni giorno nuove domande. Si sarebbe detto che egli fosse il padrone qui.

Ebbene avete fatta una bella cosa !

Come!

Egli conduce seco la Madonna.

Bah!

Conduce seco Gesù Cristo.

Impossibile.

La Madonna conduce con sé le 11,000 vergini, i Serafini, i Cherubini, le Dominazioni, gli Angeli, e gli Arcangeli.

Che dite mai ?

Il Cristo conduce seco gli Apostoli, i Santi, e le Sante, ed i Martiri.

Ma dunque è una diserzione generale?

Che mi resterà dunque a me?

I Profeti, Isaia, Ezechiello, e Geremia.

Ma io m'annoierò a morte con loro.

Eppure è così.

Voi vi sarete ingannato.

Guardate.

Il Signore guardò da quella stessa finestra, ove il nostro gran poeta Beranger lo vide, e scorse una folla immensa che si affrettava verso la porta del Paradiso , tutto il resto del Cielo era vuoto, eccetto un piccolo angolo ove conversavano i tre Profeti.

Il Signore capì, con un solo sguardo, la situazione critica nella quale si trovava.

Che si deve fare dunque? domandò il Signore allo Spirito Santo.

Caspita! disse questi; io non conosco lo stato della quistione.

Il Signore gli raccontò tutto quello che era accaduto fra lui e S. Giuseppe a proposito di Mastrillo, e come egli aveva dato ragione a S. Pietro.

E’, uno sbaglio, disse lo Spirito Santo.

Eh! mio Dio sì, non si tratta qui del maggiore o minor merito di quello che è protetto ; si tratta della maggiore o minor potenza del protettore.

Un povero falegname!

Ecco che cosa è d'avergli data una posizione, egli ne abusa.

Ma che fare?

Non vi sono due modi. Bisogna fare quel che egli vuò.

Ma è, capace d'impormi nuove condizioni!

Bisogna accettarlo subito. Più aspetterete, e più richiederà.

Andate a chiamarmelo, disse il Signore.

Vado, replicò lo Spirito Santo.

Con un volo lo Spirito Santo trovossi alla porta del Paradiso. Non ci era niente di nuovo. S. Giuseppe aveva sempre la mano sulla chiave, e tutti aspettavano che aprisse la porta per uscire con lui. S. Pietro, nella sua qualità d'apostolo, era stato pregato di seguire il Cristo. Il Signore vi domanda, disse lo Spirito Santo a San Giuseppe.

Oh! alla fine, disse S. Giuseppe.

Egli è disposto a fare quel che volete.

Sapevo bene che farebbe così.

Voi potete rimandare ognuno al posto suo.

Niente affatto, niente affatto, prego anzi tutti di aspettarmi qui. Se noi non ci mettessimo d'accordo, bisognerebbe ricominciare.

Aspetteremo, dissero la Madonna ed il Cristo.

Va bene, disse S. Giuseppe.

E, preceduto dallo Spirito Santo, andò a trovare il Signore.

Signore, disse lo Spirito Santo nell'entrare, ecco San Giuseppe.

Cattivo soggetto

Io v'aveva prevenuto, rispose S. Giuseppe.

Ascoltate. O uno è santo o non è.

Se uno è santo deve avere il dritto di far'entrare in Paradiso coloro che si raccomandano a lui; se non è, bisogna che se ne vada altrove.

Va bene, va bene, non ne parliamo più.

Ma tutt'al contrario, parliamone, sarà finita per oggi, ma si ricomincerà domani.

Che vuoi dunque? andiamo.

Voglio che tutti coloro che avranno avuto fiducia in me in vita loro possano fidare su me dopo la loro morte.

Diamine! sai tu che domandi con ciò?

Perfettamente.

Se io dassi a tutti simile privilegio!

Prima di tutto io non sono come tutti, io.

Vediamo, transigiamo.

E' così, o prendere, o lasciare,

Il quarto ?

Me ne vado.

E S. Giuseppe fece un passo.

La metà?

Addio.

E S. Giuseppe giunse alla porta.

I tre quarti?

E S. Giuseppe uscì.

E che, se ne va davvero? domandò il Signore.

Se ne va davvero, rispose lo Spirito Santo.

Non si rivolta niente?

Niente affatto.

Non cammina più piano?

Si mette a correre.

Volate a lui, e ditegli che ritorni.

Lo Spirito Santo volò verso S. Giuseppe, e lo ricondusse a gran stento.

Ebbene, disse il Signore, poichè voi siete il padrone qui e non io, si farà come volete.

Mandate a chiamare il notaio, disse S. Giuseppe.

Come il notaio! esclamò il Signore. Voi non vi fidate della mia parola?

Verba volant, disse S. Giuseppe.

Chiamate un notaio, disse il Signore.

Il notaio fu chiamato, e S. Giuseppe è possessore adesso d'un atto in piena regola, che gli dà facoltà di far entrare in Paradiso chiunque gli sia devoto.

Ora ve lo domando. Un santo come S. Giuseppe può mai contentarsi d'un meschino cereo come un Santo di terzo e quart'ordine? E non merita egli un lampione?

Ne merita dieci, ne merita venti, ne merita cento, esclamarono i Lazzaroni.

Evviva S. Giuseppe! Evviva il Padre del Cristo! Evviva lo sposo della Madonna! Abbasso S. Pietro.

La stessa sera Padre Rocco fè accendere dieci lampioni nella strada S. Giuseppe.

L'indomani ne fè accendere venti nelle strade adiacenti, il giorno dopo ne fè accendere cento nei dintorni, tutto alla maggior gloria del Santo, al quale l'istoria ch'egli ne aveva raccontata, aveva improvvisata una sì grande popolarità.

Fu così che i lampioni della strada a S. Giuseppe finirono, grazie allo stratagemma di P. Rocco, per introdursi nelle più oscure e più deserte strade di Napoli.

Ho raccontato questo aneddoto che si dirà forse, esser poco degno dell'istoria, in tutti i suoi particolari, ma l'ho fatto perchè ci sembra presentare un quadro esatto de' costumi del popolo napolitano, e perchè noi non siamo come coloro che escludono l'istoria de' popoli dall'istoria dei re. Tutto questo capitolo, attinto alla sorgente più seria, è stato tolto dal libro del Padre degli Onofri dell'Oratorio che ha scritto la vita del Padre Francesco da Girolamo, del P. Giovan Battista Cacciottoli, e del P. Gregorio Maria Rocco.

Questi aneddoti, dal primo fino all'ultimo, son conosciuti a Napoli, e vanno per le bocche di tutti come leggende.

Padre Rocco morì, siccome avea vissuto, sulla breccia, combattendo Satana sino alla fine. Il dì 12 di Luglio 1782. dopo essersi affaticato tutta la giornata a convertire in una casa di meretrici, ed a trasportare in un monastero vicino due di quelle disgraziate, si ritirò nel suo convento ove fu assalito da un accesso di podagra, infermità di cui soffriva già da qualche anno, ma, sebbene malato volle uscire l'indomani per portare il pane della sua parola alle sue nuove penitenti.

Egli rientrò nel convento, più malato ancora, e dovette porsi a letto, e rimanervi anche il giorno dopo. Il male andò sempre crescendo, ed avendo santamente vissuto, Padre Rocco fece una santa morte il 2 Agosto 1782 ad un'ora dopo mezzogiorno.

Quest'uomo di tanto spirito, e sì pronto alla replica avea trovato fra il popolo di Napoli degli uomini che gli avevano, come diceva egli stesso, ribattuto il chiodo.

Ecco un aneddoto ch'egli raccontava a questo proposito.

Padre Rocco, nella sua qualità di monaco e soprattutto nella sua qualità di Padre Rocco, poteva prendere in piazza un calesse, alla marina una barca senza temere che un marinaro o un cocchiere gli facessero pagare il prezzo della corsa.

Un giorno scese in una barca alla punta del Molo.

Dove andiamo padre mio? disse il barcaiuolo.

A Posillipo, disse Padre Rocco,

Il barcaiuolo fè il brutto muso, ma avrebbe creduto mettere in pericolo la sua salute eterna se avesse ricusato. Si mise dunque a remigare di cattivo umore.

In capo a dieci minuti Padre Rocco sente qualche cosa Che si muove fra i suoi piedi.

Che cos'è? domandò Padre Rocco.

Un ragazzo, rispose il barcaiuolo.

Figlio tuo?

Così si dice.

Ma tu non ne sei sicuro?

Chi è sicuro di queste cose?

Voi altri meno degli altri.

Perchè noi meno degli altri?

Perchè non istate mai a casa.

E' vero, fortunatamente abbiamo un modo di assicurarci se un figlio è nostro.

Quale?

Noi lo teniamo fino a cinque anni.

Dopo?

A cinque anni gli facciamo fare una passeggiata in mare.

E poi?

Quando siamo alla metà del golfo lo gettiamo nell'acqua.

Ebbene?

Ebbene, se nuota da se solo, non vi è più nessun dubbio sulla paternità.

Ma se non nuota?

Se non nuota è tutto al contrario. Noi siamo sicuri di ciò come se l'avessimo veduto coi propri occhi.

E allora che fate del ragazzo?

Che ne facciamo?

Sì sì.

Che volete padre mio? Siccome, infin de' conti quel povero fanciullo non ci ha nessuna colpa, e che non è egli che ha chiesto di venire al mondo, noi ci gettiamo in mare dietro di lui lo tragghiamo fuori dell'acqua e lo riconduciamo a casa.

E poi?

E poi gli diamo da mangiare, questo è tutto quello che dobbiamo fare.

Quanto alla sua educazione è altra cosa: non ci riguarda dimodocchè voi capite bene padre mio egli diventa un cattivo soggetto senza fede e senza legge, che non crede nè a Dio nè ai Santi, dicendo cattive parole, oziando, bestemmiando; ma quando ha raggiunto il suo quindicesimo anno; quando è ben provato che non è buono a nulla in questo mondo noi ne facciamo...

Ne fate che? Vediamo, finite. Che ne fate?

Un monaco.

 

 

 

 

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