I  BORBONI  DI  NAPOLI

 

Di Alexandre Dumas

 

Libro IV 

 

CAPITOLO VI

 

Ruffo rimase atterrito alla notizia della morte di Caracciolo ch'egli seppe il 27 di giugno, alle nove di sera, per mezzo del seguente rapporto che gli mandò il Conte di Thurn:

 

« EMINENZA,

 

« Devo far presente all'Eminenza Vostra aver ricevuto questa mattina l'ordine dell'ammiraglio lord Nelson di portarmi immediatamente a bordo del suo vascello, unitamente a cinque uffiziali i più anziani. Ho eseguito subito il detto ordine, e portatomi colà, ho ricevuto l'ordine per iscritto di formare subito sul vascello istesso, un consiglio di guerra contra del cavaliere D. Francesco Caracciolo accusato ribelle della Maestà del nostro Augústo Padrone, e di sentenziare sulla pena competente al suo delitto. Si è subitamente eseguito un tal ordine, e formato il Consiglio di guerra in una camera del detto vascello, ho fatto nella medesima condurre il reo. L'ho fatto primieramente riconoscere da tutti gli astanti e dai Giudici; in seguito gli ho manifestato le accuse e gli ho domandato se avesse delle ragioni da addurre in sua discolpa. Egli ha risposto averne varie, e datogli campo a produrle, esse si sono raggirate a contestare di aver servito l'infame sedicente repubblica, ma perchè obbligato  dal Governo che gli minacciava farlo fucilare. Gli ho fatto in seguito delle domande, in risposta delle quali ha confessato di essere sortito colle armi della sedicente repubblica contro quelle di Sua Maestà, ma sempre perchè obbligato dalla forza. Ha confessato di essersi trovato colla divisione delle cannoniere, che uscirono ad impedire per la parte del mare, l'entrata delle truppe di S.M., ma su tal assunto ha addotto che credeva fossero degl'in,sorgenti : ha confessato aver dato degli ordini per iscritto tendenti a contrariare le armi di S. M. Infine, domandato perchè non aveva cercato di condursi in Procida, e colà tenendosi alle armi di S. M., sottrarsi alla vessazione del Governo, ha risposto non averlo eseguito sulla tema di esser male ricevuto.

« Formato su di dette delucidazioni il detto Consiglio di guerra, questo alla pluralità di voti l'ha condannato come reo di alta fellonia, alla pena di morte ignominiosa.

« Presentata detta sentenza all'ammiraglio Nelson, egli ha comprovato la condanna, ordinando, che alle cinque di questo stesso giorno l'avessi fatta eseguire, impiccandolo al pennone di trinchetto, e lasciandolo appeso sino al calar del sole, nella qual ora, facendogli tagliar la corda, si fosse lasciato cadere in mare.

«All'una di questa mattina ho ricevuto il detto ordine: all'una e mezza p.m. è stato il reo Francesco Caracciolo trasportato al mio bordo, e posto in Cappella, ed alle cinque, a tenore dell'ordine si è eseguita la sentenza.

« Tanto mi conviene farle presente in adempimento del mio dovere; nell'atto che con profondo ossequio me le professo,

 

« Di Vostra Eminenza,

 

« Bordo della Minerva 29 giugno 1799.

 

« Devotissimo Servitore

« CONTE Di THURN. »

 

Questa partecipazione era per Ruffo il compimento d'un dovere, o semplicemente un insulto? Egli aveva tutte le ragioni per farsi questa domanda.

Infatti egli solo, come Vicario generale, come alter ego del Re ‑ egli solo avea diritto di vita e di morte nel reame delle Due Sicilie; donde provveniva che codesto intruso, codesto straniero, codesto inglese, nel porto di Napoli, sotto i suoi propri occhi, come per isfidarlo, dopo aver lacerato la capitolazione ‑ poichè egli comprendeva l'equivoco per mezzo del quale l'aveano ingannato ‑ dopo aver fatto condurre sotto il fuoco de' suoi vascelli le polacche che portavano i prigionieri, condannava a morte, e ad una morte infame, un principe napoletano, maggiore di lui per nascita, uguale per dignità?

Chi aveva dato a questo giudice improvisato tali poteri ?

Se questi poteri esistevano, i suoi erano annullati.

I patiboli eran già stati rizzati a Procida, è vero : ma il carnefice di Procida, Speciale, era un giudice siciliano mandato dal Re, e condannava, per conseguenza, legalmente, in nome del Re.

Ma Nelson, suddito di S. M. Britannica, come poteva condannare in nome del Re delle Due Sicilie?

Un altro fatto ancora, accaduto nello stesso dì, gli aveva aperto gli occhi.

Due giorni prima Nelson gli aveva mandata una notificazione da fare stampare, e noi abbiam veduto, da una lettera di Nelson ad Acton, che il Cardinale s'era ricusato a farlo.

Ora, verso le dieci della mattina, le mura di Napoli erano state coperte di piccoli avvisi che contenevano quella notificazione rispinta dal Cardinale, notificazione che Nelson aveva allora di sua sola autorità fatta stampare ed affiggere.

Ecco il tenore di questa notificazione, che noi copiamo da una di que' piccoli avvisi, il solo forse che esista , perchè conservato al Ministero degli affari esteri, fra i documenti relativi a quella grande rivoluzione del 99:

 

« NOTIFICAZIONE

 

« A bordo il Fulminante, 29 giugno 1799. »

« Orazio, Lord Nelson, ammiraglio della flotta Britannica nella rada di Napoli, dà notizia a tutti quelli che han servito da ufficiale nel militare, e nelle cariche civili l'infame sedicente Repubblica Napoletana che se si trovano nel circuito della città di Napoli, debbano in termine di 24 ore, presentarsi ai comandanti del castello Nuovo, o del castel dell'Ovo, fidandosi alla clemenza di S. M. Siciliana e se si trovano nelle vicinanze di detta città fino alla distanza di cinque miglia, debbano egualmente presentarsi ai detti comandanti, ma in termine di 48 ore; altrimenti saranno considerati dal suddetto ammiraglio lord Nelson come ribelli e nemici della prefata S. M. Siciliana ».

Questa notificazione, siccome tutto ciò che usciva dalla penna di Nelson, aveva l'impronta della più grande brutalità. Ruffo comprese che il Re e la Regina riguardando l'opera sua come compiuta, e come assicurata la loro ri­staurazione, gli avevano qualche riguardo solo per pudore.

Egli li conosceva bene tutti e due per non fidarsi alle loro proteste di gratitudine e d'affetto.

Senza spiegarsi i presentimenti che provava, egli capì per istinto che, raggiunto lo scopo, e nel momento in cui aveva riconquistato il Regno, egli correva un pericolo più grande di tutti quelli cui s'era esposto durante la campagna.

La partenza precipitosa di suo fratello, mandato a Palermo sotto pretesto di portare al Re una notizia ch'egli aveva già saputa da Foote, gli ritornava in mente come un fatto strano ed inesplicabile.

Egli si congratulò seco stesso d'aver mandato dal giorno innanzi, la sua demissione; ma non poteva abbandonare il suo posto prima che la sua dimissione fosse accettata.

Ora, questa dimissione non fa accettata. Il 2 luglio la Regina gli rispondeva.

« Ho ricevuto e letto con infinito interesse ed attenzione le savissime e ben ragionate lettere di Vostra Eminenza in data del 28 Giugno vedo quando mi dice e del desiderio che ha del suo riposo trovo che ha ben ragione ma devo spronare il suo zelo inteligenza e cuore di terminare consolidare l'opera che ha così gloriosamente intrapresa ed eseguito con ristabilire lordine a Napoli sopra le base solide ed sicure che questo orribile disgrazia soferta ne possi nascere una fortuna ed più meglio restabilimento il talento attivita Cuore di Vostra Eminenza me lo fa sperare ‑ il Re parta domani sera in persona colla truppa che ha potuto radunare ed a voce molte cose si spiegheranno e potrano riordinare mi pena infinita e mortalmente il non venirci ma mille riflessi mi fanno fare questo sacrifizio pregherà fra di tanti tutti quelli che accompagneranno il Re di essere lorgani presso di Vostra Eminenza della mia vera e profonda riconoscenza come sincera stima di tutte le sue quasi miracolose operazione. Sono troppa sincera per non dirle che sommamente mi ha dispiaciuto quella Capitolazione con Ribelli che vedere impiegato assicurate molto conosciuti scelerati parimenti mi ha penato specialmente doppo le distinte ordini dell Re dati e perciò mi son astenuta di scrivere la mia sincerita non potendo tacere ma ora tuto e finito a viva voce le cose si spiegherano subito e spero che tuto andera di buona accordo tante e tante cose essendovi da fare per il bene Prego Vostra Eminenza ora che avra meno da scrivere di farmi regolarmente sapere le cose e puole credere che con la mia sincerita li rispondero il mio interesso essendo massimo mi rincresce molto non poterla di viva voce assicurare della profonda eterna Riconoscenza ed Stima con la quale sono di Vostra Eminenza

 

« Li 2 Luglio 1799

 

« grata ed vera Amica

  « CAROLINA.

 

Poi, siccome in una seconda lettera, il Cardinale insisteva per ritirarsi, con una seconda lettera la Regina gli rispose ancora :

« Ho ricevuto jeri due lettera di Vostra Eminenza una con la posta in data dei 6 luglio e una dell 11 di mano di suo fratello che essendo stato linfatigabile compagno di Vostra Eminenza nella conquista dell Regno che ha cosi gloriosamente fatta mi ha ora portato il compimento con consegnarmi lonorevole Capitolazione di S. Elmo quando ne siano i miei sentimenti di viva gratitudine lascio a Vostra Eminenza a giudicarne tutto quello che potrei dire sarebbe poco e ne restera eternamente nel mio cuore scolpito li più vivi sentimenti di estesa Riconoscenza. Vedo poi tutto quello che Vostra Eminenza mi dice per desiderare il suo ritiro demissione conosca quando sia desiderabile la tranquillità ed il riposo doppo avere vissuto nello tormento e ingratitudine che porta con se il fare del Bene Vostra Eminenza lo prova dopo pochi mesi giudicha a me dopo più di 22 anni non posso amettere la sua fisica deboleza bensì il suo disgusto le sue azione conseguente sempre le sue lettere scritte con tanta fineza e talento non mi permetono amettere il deterioramento di facolta bensì un vivo desiderio di riposo per lo medesimo motivo io mi ritrovo a Palermo malgrado il vivissimo desiderio che avrebbe avuto il muo cuore di vedere l'Entrata a Napoli del Re e le tante aclamazione che il suo fedele popolo li faceva sarebbe cio stato un Balzamo radolcendo a quella viva ferita di cui mai più risanero intieramente ma sono rimasto ma mi contento di piangere per tenerezza di pregare faccio alfin che conservi illumini fortifichi il Re in questa intrapresa. Questa mattina abbiamo il publicho Tedeum nella Chiesa Grande si unisce questo che ed la festa di S. Rosolia grande speciale protetrice della Sicilia e ciò fa un doppio piacere a questo Pubblicho Ricevi fra di tanto Vostra Eminenza le mai bastanti ringraziamenti miei per tutto quello che a fatto per noi il suo fratello e arrivato in buona Salute ieri sera tardi questo oggi spero parlarli tutta la mia cara famiglia sta bene ed unisce alli miei i suoi ringraziamenti a Vostra Eminenza io non li parlo di affare essendovi il Re ed il suo Ministero sarebbe ridicola ed inconseguente a me di parlarne in generale sollo li raccomando di conservare e migliorarci quello che così gloriosamente ci ha acquistato abbia cura di Sua Salute che tanto mi tiene a cuore mi creda che da lontano o vicino sempre mi ritrovera Sua vera Grata e profondamente e riconoscente Sincera

 

« Li 15 Luglio 1799

 

« Amica CAROLINA.

Da tutto ciò che abbiamo già detto e da quello che ci rimane a dire, è facile di vedere che il Cardinale Ruffo fu il capro espiatorio della sovranità. Noi abbiamo già corretto alcuni errori, correggeremo anche questo ‑ errore interessato da parte degli scrittori realisti, che han voluto renderlo responsabile agli occhi della posterità delle uccisioni commesse ad istigazione d'un Re senza cuore, e d'una Regina vendicativa, ‑ errore innocente da parte degli scrittori patriottici, i quali, non possedendo i documenti che la caduta d'un trono poteva soltanto porre nelle mani d'uno storico, non hanno osato mettere a carico di due teste coronate sì terribile accusa, ed han cercato per loro non solamente un complice, ma un istigatore.

Riprendiamo il nostro racconto. Non ne abbiamo ancora finita con la vergogna e col sangue.

Siccome l'avea detto la Regina al Cardinale, il Re doveva partire da Palermo il 3 di luglio. Egli aveva ricevuto il due a sera le lettere di Nelson e d'Hamilton che gli annunziavano la morte di Caracciolo, e che gli facevan premura che venisse; più una lettera del 30 del Cardinale alla quale, il due luglio, egli rispose:

 

Palermo 2 Luglio 1799.

 

« Eminentissimo mio. Le lettere pervenutemi oggi, e quelle specialmente ricevute questa sera del 30, mi hanno veramente consolato, vedendo che le cose vosti vanno prendendo quella piega, che io desideravo e che è tanto necessaria per ottenere quello scopo, che mi sono prefisso, per ben sistemare col Divino ajuto questa faccenda e mettervi nello stato di sempre meglio servirmi, e farvi più onore, accettando l'invito fattomi tanto da Voi che dal degnissimo Ammiraglio Nelson, domani sarà partito in unione del Convoglio colle Truppe per portarmi in Procida, dove avrò il piacere di rivedervi, e potrò comu­nicarvi gl'ulteriori miei ordini, e dar tutte le disposizioni necessarie per il bene la sicurezza, e felicità de' miei sudditi che si sono conservati fedeli. Ve lo prevengo antici­patamente con questa, assicurandovi, che in questa trove­rete sempre lo stesso Affezzionato Vostro

 

« FERDINANDO B.

 

Infatti, il giorno annunziato, cioè il 3 luglio, il Re si imbarcò, non già sul Sea‑Horse, come l'aveva invitato a fare Nelson, e come desiderava il capitano Foote, ma sulla Sirena, bastimento della marina napoletana, perchè temeva che, accordando agli stranieri lo stesso favore per ritornare che aveva accordato loro nell'andarsene, si fos­se compiutamente alienato la marina napoletana già mol­to raffreddatasi per lui a causa della morte di Carac­ciolo.

Aspettando il Re, che doveva arrivare a Procida nella notte dall'8 al 9, si procedeva innanzi. Bisognava occu­parsi del castello Santelmo, col quale il Cardinale aveva ricevuto dalla Regina facoltà di trattare, atteso la nazio­nalità del capitano che lo difendeva; ma essendo stata da Nelson manomessa la capitolazione, il Cardinale avea ri­cusato di più trattare le cose di guerra e rimaneva, con le braccia incrociate, sotto la sua tenda.

Del resto, non era cosa difficile far capitolare, o an­che prendere a forza il castello Santelmo, non già a causa della debolezza della sua posizione, ma a causa delle disposizioni dell'uffiziale che lo comandava.

Vi rammentate la proposizione del colonnello Méjean di ajutare i patriotti, mediante la somma di duecento cinquantamila franchi, proposizione che, malgrado le istanze di Matera, era stata ricusata ‑ vi ricordate la sua condotta durante la presa di Napoli, fatta dal Cardinale, e quella incomprensibile inazione di cui erano andati a domandargli contro Signorelli e Pagano.

Tutto ciò non presagiva, da parte sua, una resistenza molto vigorosa, allorchè fosse, alla sua volta, attaccato.

Già, quando i castelli Nuovo e dell'Uovo aveano capitolato, durante le trattative intraprese fra i loro comandanti e Micheroux, era stato proposto d'inchiudere il castel Santelmo nella capitolazione; ma Méjean avea domandato, per arrendersi, una somma talmente considerabile che, quand'anche il Cardinale avesse avuto il desiderio di comperarlo, dice il suo storico, Sacchinelli [*1]  non avea la somma che si richiedeva.

Il 3 luglio, vedendosi minacciato da' preparativi d'attacco, inalberò bandiera bianca, ed ignorando le disposizioni in cui era il Cardinale di non prender parte allo attacco, ali mandò una persona che dovea dirgli: « che la guarnigione francese era disposta a capitolare prima che il castello fosse battuto in breccia, purchè gli si pagasse un milione di franchi. Egli accompagnò questa proposizione colla minaccia di bombardarne e di distrugger Napoli ».

Ciò che faceva dire al filantropo ambasciatore Hamilton: « Siamo molto fortunati di avere i capi de' patriotti napoletani a bordo dei nostri legni perchè potremo così tagliare una testa per ogni palla di cannone che i francesi tireranno su Napoli ».

Il Cardinale fè rispondere al colonnello Méjean, che la guerra si faceva col ferro, e non coll'oro ; che, per legge di guerra, era proibito agli assediati di tirare sulle case d'un luogo donde non venivano nè gli attacchi, nè le offese, e che le batterie che si diriggerebbero contro di lui, essendo alla parte opposta della città, egli doveva dirigere il fuoco con già contro la città, ma contro le batterie; ma che s'egli operasse altrimenti, cioè se, malgrado le leggi generalmente riconosciute, una sola bomba cadesse sulla città di Napoli dal lato in cui il castello non fosse attaccato nè insultato, il colonnello Méjan ne sarebbe responsabile sulla sua testa e su quella della guarnigione ».

Del resto il capitano Troubridge aveva proposto un modo che abbreviava molto le trattative; ed era di minare il castello Santelmo e di mandare al diavolo Francesi ed ostaggi; ma il Cardinale protestò contro il progetto, che fu abbandonato.

Fin dal 28 giugno, prima dell'arrivo di Nelson nel porto, prima pure della resa dei castelli dell'Uovo e Nuovo, il Cardinale, che in quella operazione faceva causa comune cogl'Inglesi, avea scritto al capitano Foote:

«Quartier‑generale, presso Napoli 18 giugno 1799.

 

« ECCELLENZA,

 

« E inutile di pensare a capitolazioni, in vece delle quali dobbiam ora pensare seriamente ad attaccare Santelmo. Quindi quei mortari che potremo avere, dovran deporsi sulla spiaggia della Maddalena per esser quindi trasportati da lì fino a Santelmo. Qui ne abbiamo già uno ,che verrà riunito a quelli due che manderete; questi ancora con i loro affusti, con molta cura e precauzione, potranno essere adoperati. Lasciate pure che avessimo i ,due soprammentovati, ‑ quantunque fossero senza af­fusti, ‑ e le bombe che loro appartengono. Mandi ancora alcuni cannoni di grosso calibro, colle corrispondenti munizioni.

« Ho spedito 200 uomini di truppe estere, ed ora mando 500 dippiù de' nostri tiragliatori a Chiaia; ma il timore è stato grande, ed essi ci vanno, con riluttanza ‑ Saran posti nelle case, dove potranno opporre maggiore resistenza che se fossero allo scoperto. Parlo delle truppe regolari.

« Ne manderemo ancora se fa d'uopo. ‑ Io sono con rispetto, ecc.

« F. CARD. RUFFO. V. G.

Il 25 giugno, allorchè Nelson ignorava ancora che Ruffo era per separarsi dalla coalizione, egli mandava la seguente intimazione al Colonnello Méjean:

« SIGNORE,

« Sua Eminenza il Cardinale Ruffo ed il comandante in capo dell'esercito russo, vi hanno intimato d'arrendervi ; io vi prevengo che, se il termine che v'è stato accordato è oltrepassato di due ore ‑ dovrete subirne le conseguenze chè io, non accorderò nulla di più di quel che vi è stato già offerto.

« NELSON.

Il Colonnello Méjean non avendo risposto secondo i desideri dell'ammiraglio inglese, egli fè scendere, come l'abbiam veduto, Troubridge con mille e trecento uomini, uniti a cinquecento Russi, ed ordinò d'incominciare i lavori d'assedio.

Per i sei primi giorni, Troubridge fu secondato dal suo amico, il capitano Ball; ma questi essendo stato mandato a Malta, gli venne sostituito il capitano Beniamino Hallowell, quello stesso che aveva dato in regalo a Nelson il feretro tagliato nell'albero maestro del vascello francese l'Orient.

Mentre il combattimento infieriva contro Santelmo [*2]  il Re giungeva, nella notte dall'8 al 9, a Procida.

Il 9, egli scriveva al Cardinale.

Procida, 9 luglio 1799.

« Eminentissimo mio. Vi mando molti esemplari di una lettera che hò fatta per i miei Popoli [*3] , fatela immediatamente nota a' medesimi, e riscontratemi dell'esecuzione. Dal Simonetti col quale lungamente hò parlato questa mattina avrete inteso le mie determinazioni relativamente agl'impiegati del Foro.

« Il Signore vi conservi, come ve lo desidera, il Vostro affezionato

« FERDINANDO B.

Il Re aveva presso di sè il generale Acton ed il Principe di Castelcicala.

Dopo di essere rimasto tutta la giornata del 9 a Procida per assicurarsi se il suo giudice Speciale faceva religiosamente il suo dovere, andò a bordo del Foudroyant,ove fu ricevuto il 10, e salutato con 31 colpi di cannone.

S'era già sparsa a Napoli la voce che il Re era a Procida, lo sparo dell'artiglieria fè sapere a' Napoletani che trovavasi a bordo del vascello ammiraglio.

Subito tutta la popolazione recossi sulla riva di Chiaja e della Marinella; un'immensa quantità di barche, ornate di bandiere, uscì dal porto, o piuttosto si staccò dalla riva e vogò verso la squadra inglese per salutare Sua Maestà, e darle il benvenuto. Durante questo tempo il Foudroyant, che era andato incontro al Re, manovrava per gittar l'ancora ed il Re in piedi sul cassero, guardava il castello Santelmo con un cannocchiale. Improvvisamente una palla russa gittò a terra la bandiera francese; ciò che il Re, oltremodo contento, riguardò come un felice presagio. Infatti, invece della bandiera tricolore, quella che s'innalzò al posto della bandiera caduta, fu la bandiera bianca, cioè la bandiera parlamentare.

Quest'apparizione che pareva avesse aspettato l'arrivo del Re per innalzarsi in aria, produsse lo stesso effetto su tutti gli spettatori che dettero in applausi ed in evviva, mentre i cannoni portoghesi, e quelli del forte, rispondevano ai cannoni del Foudroyant.

A proposito della caduta della bandiera del castello Santelmo, lo storico del Cardinale fa la seguente osservazione.

« Mi si permetta qui una piccola digressione per accennare alcune simili combinazioni del caso ch'ebbero luogo. A 23 gennaio, una cannonata tratta dai giacobini di S. Elmo spezzò l'asta della bandiera regia che sventolava sul castello Nuovo, e la caduta di essa lasciò libero l'ingresso del medesimo alle truppe francesi; a 22 marzo una granata fece cadere sul castello di Cotrone la bandiera repubblicana, e quell'accidente servì di segnale che la guarnigione si ammutinasse contro i repubblicani, e facilitasse alle truppe realiste l'occupazione del castello; ed a 10 giugno, la caduta della bandiera francese su S. Elmo portò la capitolazione di quel forte. Chi volesse confrontare col calendario (Cristiano, non già Repubblicano) del 1799 le epoche registrate in queste Mentorie, rileverebbe che gli avvenimenti più notabili che ebbero luogo nella impresa del Cardinal Ruffo, succedevano nei giorni di Venerdì. Furono combinazioni del caso! ma si potrebbero benanche attribuire a miracolo di quel santo segno ch'era impresso nel vessillo dell'armata Cristiana. » n Cardinale del resto era sì poco al giorno degli ultimi avvenimenti militari, ai quali non avea voluto prender parte, che il dì 11 luglio il Re gli scrisse :

«A bordo del Fulminante, li 11 luglio 1799.

« Eminentissimo mio. Vengo con questa mia a prevenirvi che forse per questa sera Sant'Elmo sarà nostro: Penso dunque, sicuro di farvi cosa grata di spedir il Vostro fratello Don Ciccio a Palermo, con tal piacevole notizia, premiandolo nel tempo stesso come si meritano i suoi e Vostri fedeli servigi. Fatelo trovar dunque pronto qui prima dell'Ave Maria. Conservatevi e credetemi sempre lo stesso Vostro Affezzionato « FERDINANDO B.

Francesco Ruffo non era rimasto a Napoli. Arrivato il 10 al mattino, ne ripartiva l'11 a sera; ma il Re che non si fidava del Cardinale, preferiva che don Francesco stesse a Palermo e non presso suo fratello.

Fin dal giorno innanzi, il Cardinale erasi recato a bordo del Foudroyant per parlare al Re della cosa che gli stava più a cuore, cioè del mantenimento e dell'osservanza della capitolazione.

Ora ecco ciò, che sotto il regno di Ferdinando II, regno, durante il quale nessuno si lamenterà che sia stata accordata troppa libertà alla stampa, ciò che Domenico Sacchinelli riceveva il permesso di stampare.

« Pendenti le trattative col comandante francese per la capitolazione del forte Santelmo, non mancò il Porporato Ruffo di tener informato il Re Ferdinando di quanto era successo cogl'Inglesi per la capitolazione dei castelli Nuovo e dell'Uovo; e dello scandalo che produrrebbe la inosservanza e la violazione dell'anzidetto trattato. Essendosi la M. S. mostrata persuasa di doversi esattamente eseguir la capitolazione, volle ascoltare Nelson ed Hamilton. L'uno sostenendo la diplomatica dottrina; che i Sovrani non capitolano coi loro sudditi ribelli, dichiarò che il trattato di quella capitolazione dovea tenersi come non fatto; e l'altro (cioè Nelson) manifestando un odio implacabile contro tutti i rivoluzionari alla moda francese, disse: che bisognava estirpare la radice del male onde impedir nuove sciagure, poichè essendo quei repubblicani ostinati ed incapaci di ravvedimento, commetterebbero in appresso maggiori e più funesti eccessi; e finalmente che l'esempio della loro impunità servirebbe d'incitamento a molti altri malintenzionati. E siccome Nelson avea prima rendute inefficaci le rimostranze del Cardinale Ruffo, così giunse poi co' suoi maneggi a far rimaner senza effetto le elementi intenzioni del Re ».

Noi lo ripetiamo, ecco quello che si scriveva sotto Ferdinando 11, tempo in cui la stampa era talmente imbavagliata a Napoli.

I nostri lettori, che hanno avuto sotto gli occhi le lettere di Ferdinando, sanno fortunatamente che cosa debbono pensare delle buone intenzioni del Re.

Il Re decise dunque, dietro il consiglio di Nelson e di Hamilton, che le capitolazioni del castello Nuovo e di quello dell'Uovo sarebbero nulle e riguardate come se mai non avessero avuto luogo.

Lo stesso giorno, i patriotti, prigionieri a bordo del Foudroyant e delle polacche che dovevano condurli in Francia,, furono sbarcati e condotti incatenati, a due a due, nelle prigioni de' castelli e della Vicaria. Poi, siccome le prigioni erano riboccanti di carcerati (una lettera del Re, ne annovera 8,000), furon posti nei Granili, ridotti a prigione.

Ciò che vedendo i lazzaroni, credettero che il loro Re essendo tornato, eglino fosser pure ridivenuti padroni, e, per conseguenza, si misero di nuovo a saccheggiare e ad uccidere più che mai.

Secondo la nostra abitudine di non affermar nulla senon dietro autorevoli documenti, togliamo le linee seguenti dall'autore delle Memorie per servire alla storia delle rivoluzioni di Napoli:

« I giorni 8 e 9 di luglio furono celebri per gli orrori d'ogni specie che furono commessi, e de' quali la mia penna si ricusa di fare il quadro. Avendo acceso un gran fuoco innanzi al palazzo reale, fecero consumare dalle fiamme sette infelici arrestati poco tempo prima, e spinsero la crudeltà fino a mangiare le membra palpitanti di quei disgraziati. L'infame arciprete Rinaldi si glorificava d'aver avuto parte a quell'infame banchetto. »

Chi era l'arciprete Rinaldi?

Noi vel diremo, poichè vogliamo portare la fiaccola della storia in tutte le atrocità di quel tempo.

Questa volta prendiamo le parole che si leggono qui appresso, dal piccolo libro intitolato: Miei pericoli durante la rivoluzione di Napoli ‑per far seguito al Saggio sulle rivoluzioni di Napoli, per N ….testimone ocu­lare.

« Questo Rinaldi era il più scellerato birbante che le Calabrie avessero vomitato per la più grande sciagura di Napoli. Prete vile, dedito alla crapula, ignorante e sanguinario, egli comandava alla feccia de' calabresi, e n'era degno. Sui suoi abiti, che la religione rende rispettabili, brillavano tutti gl'istrumenti di carneficina, e di morte.

« Questa specie di pazzo si mise in testa di domandare al Re il comando di Capua, e mi pregò di scrivere per lui la domanda, poichè, se sapeva leggere il latino del suo breviario, ciò di cui èlecito dubitare, certo uon sapeva scrivere due parole di seguito: fra le altre cose graziose che voleva che io inserissi nel suo memoriale per accattivarsi la benevolenza del Monarca, insisteva moltissimo sopra un braccio di giacobino arrostito a fuoco lento, che aveva mangiato col più gran gusto, su due giacobini che aveva sventrati con gran destrezza, e sii cinque o sei figli di patrioti che aveva fatti a pezzi. »

Ecco che cos'era l'arciprete Rinaldi.

Come avealo sperato il Re, il castello Santelmo s'arrese, il 12, alle condizioni seguenti:

« Art. I.

 

« La guarnigione francese del forte Santelmo si renderà prigioniera di guerra a S. M. Siciliana e suoi Alleati, e non servirà contro delle potenze che sono attualmente in guerra contro la repubblica Francese fintanto ch'Ella sia regolarmente cambiata.

 

« Art. II.

 

« I granatieri inglesi prenderanno possesso della porta del forte dentro il giorno.

 

« Art. III.

 

« La guarnigione francese sortirà dimani dal forte, colle sue armi, fuori la porta del forte ed un distaccamento di truppe inglesi, portoghesi, russo, e napoletane prenderanno il possesso del castello.

 

« Art. IV.

 

« Gli uffiziali conserveranno le loro armi.

 

« Art. V.

 

« La guarnigione sarà imbarcata sopra la squadra inglese, fintanto che sieno preparati i bastimenti necessari per trasportarla in Francia.

 

« Art. VI.

 

« Dopo un combattimento accanito di otto giorni, durante i quali la nostra artiglieria s'è avanzata fino a 180 yardi dei fossati etc. etc. (rapporto di Nelson a Lord Keith). Quando i granatieri inglesi prenderanno possesso della porta, tutti i sudditi di S. M. Siciliana saranno consegnati agli alleati.

 

« Art. VII.

 

« Una guardia di soldati francesi sarà situata intorno alla bandiera francese per impedire che non sia distrutta ; questa guardia resterà sintanto che la guarnigione sarà sortita ; ed ella sarà rilevata da un uffiziale inglese e da una guardia inglese, alla quale sarà dato l'ordine di abattere il padiglione francese, ed inalberare quello di S. M. Siciliana.

 

« Art. VIII.

 

« Tutte le proprietà particolari saranno conservate a ciascun proprietario. Ogni proprietà pubblica sarà consegnata col forte, egualmente che gli effetti provvenienti dal saccheggio.

 

« Art. IX.

 

« I malati che non sono in grado di essere trasportati, resteranno in Napoli con de' chirurgi francesi. Essi verranno mantenuti a spese della nazione francese, e saranno rimandati in Francia subito dopo la loro guarigione.

« Fatto nel forte Santelmo, agli Il luglio 1799.

« Firmati ‑ MÈJEAN ‑ IL DUCA DELLA SALANDRA, tenente generale degli eserciti di S. M. Siciliana.

« Dopo un combattimento accanito di otto giorni, durante i quali la nostra artiglieria s'è avanzata fino a 180 yardi dei fossati etc. etc. (rapporto di Nelson a Lord Keith).T. TROUBRIDGE capitano comandante la nave di S. M. Brittanica il Culloden, e comandante le truppe inglesi e portoghesi nell'assedio di Santelmo.

« Dopo un combattimento accanito di otto giorni, durante i quali la nostra artiglieria s'è avanzata fino a 180 yardi dei fossati etc. etc. (rapporto di Nelson a Lord Keith).CAPITAN BAILLIE, comandante le truppe di S. M. l'Imperator di tutte le Russie ».

Come si vede, la firma del Cardinal Ruffo manca a quest'ultima capitolazione ‑ pruova, come abbiam detto che egli s'era completamente separato dagli alleati.

In virtù dell'articolo VI, di cui abbiamo sottolineato due versi, gli ostaggi furono consegnati agli alleati.

Non solamente gli ostaggi, che, affidati dai comandanti del castello Nuovo e di quello dell'Uovo al colonnello Méjean, facevano la sicurezza de' prigionieri, poichè, secondo le leggi della guerra, mettevano in pegno due teste contro una; ma ancora tutti gli altri sudditi napoletani, entrati al servigio della Francia, come Belpussi, Michele il pazzo e Pagliuchella, Matera stesso il quale serviva da sette anni nell'esercito francese, e che era stato ajutante di campo del generale Joubert furono pure consegnati.

E, siccome alcuni di que' sventurati, per evitare la morte infamante che sapevano bene esser loro preparata, s'eran vestiti coll'uniforme francese e s'eran mischiati nelle file dei soldati, il colonnello Méjean, guidando nello loro ricerche i commissarii de' Sovrani alleati, gli fè uscire dalle file ospitali, fè spogliargli dell'uniforme che li salvava, e li consegnò nelle mani degli inglesi, de' russi, e de' portoghesi.

Era lo stesso che consegnarli nelle mani di Ferdinando, cioè del Boja.

Ora, gli ostaggi erano restituiti, i patrioti eran consegnati, nulla non impediva più d’incominciare le uccisioni a Napoli, siccome erano cominciate nelle isole, siccome erano  cominciate a bordo della Minerva.

Voltiamo questa pagina di fango per arrivare ad una pagina di sangue.

 

 

 

 

 

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 [*1]        Domenico Sacchinelli Memorie storiche.

 

 [*2]         « Dopo un combattimento accanito di otto giorni, durante i quali la nostra artiglieria s'è avanzata fino a 180 yardi dei fossati etc. etc. (rapporto di Nelson a Lord Keith).

 [*3]        Questa lettera non è stata ritrovata.