LA CHINEA

La Chinea era un atto di sudditanza feudale che il Re di Napoli e Sicilia prestava al Pontefice.

Ogni anno, il 28 di giugno, vigilia di San. Pietro, un ambasciatore del regno di Napoli, tra salve di artiglieria, presentava al Papa la Chinea, vale a dire, il dono di un cavallo bianco, che opportunamente ammaestrato, procedeva a passo d'ambio, si inginocchiava davanti al Pontefice e offriva un tributo di 7000 ducati.

L'uso del tributo sorse allorché i Normanni furono investiti dai pontefici del loro regno; la loro sottomissione ebbe luogo ogni tre anni, dal 1059 al 1472, e ogni anno dal 1472 in poi.

Nel 1776 a seguito di incidenti tra la servitù dell'ambasciatore napoletano, Il Principe Colonna, e quella del Governatore di Roma, Ferdinando IV° decise di abolire il tributo provocando l'irritazione del Pontefice. Nel 1789 però ci fu un riavvicinamento, Ferdinando, per affermare l'indipendenza del Regno di Napoli si dichiarò disponibile a sostituire la Chinea con un tributo "per pura devozione verso i Santi Apostoli".

Nel 1707 l'abate Nicolò Caravita aveva negato ogni fondatezza giuridica della Chinea con il volume "Nullum ius pontificis maximi in Regno neapolitano, dissertatio historico-giuridica". Quest'opera fu successivamente tradotta in italiano da Eleonora Pimentel Fonseca. Quando Ferdinando IV° decise di abolire la Chinea la Pimentel  scrisse il seguente sonetto in dialetto napoletano:

A lo re nnuosto Ferdinando IV°

Dio nce lo quard' e mmantenga

a nnomme del lo fedelissimo puopolo napoletano

Fabbeione.

 

E biva lo Rre nnuosto Ferdenanno,

guappone, che ssà ffà le ccose belle;

ma vace cchiù dde tutte ll'aute cchelle

chella chinea, cche nn'ha frusciat'aguanno.

 

Romma è no piezzo cche nce sta zucanno,

e n'accide co bolle e sciartapelle;

mo ha scomputo de fa le ghiacovelle:

nc'è no Rre che ssa dice' e comm'e cquanno.

 

Lo ffraccto de Romma lo ssapímmo;

lo Rre è Rre, e non canosce a nnullo:

Ddio nce ll'ha dato e nnuie lo defennimmo.

 

Oie Ró, vi' ca 'no Rre mo n'è ttrastuflo:

dance lo nnuosto, pocca nce ntennimmo,

e nnon ce sta a ccontà Lione e Cciullo.

 

 

E' il periodo del grande idillio tra la Monarchia napoletana e gli intellettuali illuminati, nulla fa presagire la tragedia che tra qualche anno si compirà.

Nel 1798, nonostante la proclamazione della Repubblica, Roma, spinta dalle spoliazioni francesi, ne reclamava la contribuzione.

Nel 1855 Ferdinando II°, Re di Napoli e nipote di Ferdinando IV° (dal 1815 Ferdinando I°), concordò con Papa Pio IX  l'esonero della Chinea con il contributo di una donazione di diecimila scudi per erigere in Piazza di Spagna la colonna dell'Immacolata Concezione.

Per ulteriori approfondimenti sulla Chinea rimandiamo ad uno stralcio da "Montserrat Moli Frigola in Roma Sancta, parte III° - Feste, cerimonie, musica, solennita a Roma".

 

 

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