CARLO DE NICOLA

DIARIO

NAPOLETANO

 

 

GIUGNO 1800 

 

Domenica primo giugno. Questa mattina è stata affissa una enciclica di Mons. Torrusio nella quale dice che per esecuzione di Real dispaccio del di 24 maggio ingiungeva a tutti di sollennizzare la giornata in cui ricorre la festa dì s. Antonio, come festa di doppio precetto coll'obligo cioè della messa ed astenersi dalle opere servili. Su di questa enciclica non mancano riflessioni. Ordina in seguito a tutte le chiese principali un funerale per tutti coloro che son morti pugnando per le armi di S. M.

Ieri si disse che S. M. la Regina non partiva piú, e che venuto tra ordine di approntarsi ad Ischia per la giornata dei 12 la casa di Buonocore. Oggi si dice che la Regina parte, e della casa da approntarsi niente vi sia. Le promozioni e degradazioni si aspettano col pacchetto.

Lunedí 2 giugno. Oggi ricorre l'anniversario della prima ritirata che intimarono i patriotti coi tre colpi di cannone. Dobbiamo ringraziare Iddio dello stato quieto in cui ci troviamo dopo tanti passati travagli. Sento che vi sia insinuazione perché la sera dei 13, colla festa di s. Antonio, vi sia illuminazione per la città; e che in quella giornata sarà inalberata la Croce sull'obelisco innalzato al largo di Palazzo.

Che l'ordine di approntarsi la casa dì Buonocore ad Ischia sia venuto al cav. Ferrante, vi è chi dice non potersi mettere in dubio. Molti si veggono per la città che pria di publicarsi l'indulto non vedevansi, o perché arrestati, o perché nascosti, molti piú dovranno vedersene. Sebene l'indulto sarà conservato nelle nostre prammatiche, ed io ne conserverò anche una copia, pur tutta volta stimo anche qui trascriverne le parole.

 

Ferdinandus ecc. Dopo aver scacciati coll'aiuto di Dio dal nostro Regno di Napoli i nemici che lo avevano invaso, e dopo aver repressi i ribelli della nostra Real Corona, abbiamo dovuto con sensibilissimo dolore dell'animo nostro, abbandonare al rigore delle leggi, non senza per altro temperarle in alcuni casi, coloro che, dimentichi dei loro doveri verso Iddio e verso di Noi, hanno agito da felloni e da nemici del trono, chiamando nel seno dei nostri fedeli sudditi i nemici dello Stato e cooperando con essi per distruggere la legittima autorità che tenevamo da Dio. Il nostro paterno cuore ci moveva ad accordare a tutti un generale perdono per le offese che ci avevano fatte, ma la sicurezza dello Stato e quella dei nostri fedeli sudditi, che con tanto ardore hanno scosso il giogo dei ribelli, ci han dovuto far differire di mettere in esecuzione quel desiderio che avevamo di, perdonare a tutti, e di sottrarli colla nostra autorità al rigore delle leggi, insino a che le leggi medesime avessero assicurato i nostri fedeli popoli dai principali e più notorj ribelli, per cosí poi devenir Noi, senza pregiudizio della pubblica sicurezza a perdonare tutti gli altri che si fossero resi rei, nella speranza che memori essi di tanta nostra indulgenza vengano per l'avvenire a comportarsi da buoni e fedeli vassalli, ed a non costringerci a spiegare contro di essi tutta la forza delle veglianti leggi, come a prendere quelle misure che la salvezza dello Stato imperiosamente richiederebbe. Siamo per tanto devenuti per le indicate ragioni ad accordare, siccome accordiamo colle infrascritte eccezioni, un general perdono a tutti coloro i quali avessero commesso o prima o dopo l'entrata delle truppe Francesi nel nostro Regno di Napoli delitto di fellonia, o avessero delinquito in materia di Stato, tanto come principali che come cooperatori e complici, o pigliando le armi, o scrivendo, o parlando in ogni altro modo. Vogliamo e comandiamo che sieno cancellate e abolite le inquisizioni introdotte, e che quelli che non hanno ancora inquisizioni aperte contra di loro pei delitti sopracennati, non possano venire accusati, né denunciati da chicchessia, né dai nostri avvocati fiscali, cancellando ed abolendo Noi colla pienezza della nostra Potestà, e per grazia speciale che Noi loro computiamo, i delitti che abbiano essi potuto commettere nelle passate emergenze, e comandando che niuno nell'avvenire osi rimproverare tai trascorsi ad alcuno dei nostri sudditi e rinfacciarglieli in verun modo, né a bocca, né a iscritto, dovendosi tutti considerare come fratelli e sudditi fedeli.

Seguono le note degli eccettuati dall'indulto, che sono per Napoli al numero di 50 di paesani e 36 militari, oltre molti altri che S. M. si riserba di dichiarare se debbono o no goderlo; e di448 per dice' provincie, giacché per quelle di Lecce e Cosenza non erano venute ancora le note dei Visitatori. Continua l'indulto cosí:

Eccettuiamo ben'anco da questo nostro indulto tutti coloro che siano stati già giudicati e condannati con sentenze, o pure concordati o esiliati de mandato, o con nostro ordine, pei quali il bene e la sicurezza dello Stato richiede che si esegua lo stabilito, e tale è la ferma nostra deliberata volontà.

Per coloro poi che per alta economia, stante la notorietà dei loro delitti si trovano allontanati dai nostri Reali dominii, ci riserbiamo, stabilita che sarà la universale quiete, ed in vista di notizia sicura della loro resipiscenza, di far ad essi sperimentare gli effetti benefici della nostra Sovrana clemenza.

Escludiamo parimente dal presente indulto quelli di detti rei i quali si trovano profughi o assenti dai nostri Reali dominii, e vogliamo che contr'essi si proceda col rigore delle leggi. Dichiariamo inoltre che niuno dei rei che hanno ricevuto l'abolizione dei loro delitti con questo nostro generale indulto può acquistar dritto di essere rimesso nell'esercizio delle cariche ed ufficii, siano militari, o ecclesiastici, che essi avevano prima della loro ribellione. Vogliamo finalmente che il presente indulto debba avere il suo effetto dal giorno della pubblicazione. Palermo 23 aprile 1800.

Martedí 3 giugno. L venuta da Palermo la promozione al nuovo Ordine di s. Ferdinando ed a quello di s. Gennaro, una con la creazione di dieci o dodici gentiluomini di Camera tutti Siciliani, come Siciliani pure sono i decorati dell'Ordine di s. Gennaro, a riserba del solo duca di s. Teodora ch'è Napoletano. I decorati poi dell'Ordine di s. Ferdinando sono tutti Napoletani, a riserba del principe del Cassero. Si dice che altre chiavi devono venire, e che altre saranno ritirate.

Il popolo cosí di Napoli che del Regno, per quanto si sa fin'ora, ha inteso molto male l'indulto, e quel che sono usciti con quello giustificano il mal animo che nutre il popolo contro di essi per le voci e notizie che vanno spargendo di rovesci che hanno le armi combinate, della calata di Bonaparte in Italia, e vantaggi dei Francesi. Si racconta che andò persona in casa dell'estensore della nostra Gazzetta can. Silva, mentre questi non vi era; disse doversi lasciare una notizia di premura, chiese da scrivere, egli lasciò un cartellino presso a poco nei seguenti termini: « cittadino Silva siete invitato a mettere sulla Gazzetta il fatto vero dell'azione sul Reno, altrimenti di qui a sei mesi sarete fucilato ». Mi si dice di altro che uscito dalle carceri nel licenziarsi da molti amici che lo accompagnavano, li salutò dando ad essi il titolo di cittadini. Non è questo giustificare i rigori della Giunta ed i furori del popolo?

Mercordí 4 giugno. Quest'oggi alla locanda al largo del Castello una compagnia d'Inglesi, celebrando un compleanno del loro Monarca con pranzi ed allegria e sparo grande di mortaretti, hanno poi cagionato un disturbo, perché riscaldati dal vino e liquori forti, son venuti alle armi, per cui è convenuto che accorresse la cavalleria, e si è posto in agitazione tutto il quartiere.

Giovedí 5 giugno. E’ venuto dispaccio da Palermo che ordina levarsi da entro i monasteri ogni sorta di quartieri, veramente stava mal fatto che ai civici fossero succeduti i Realisti per inquietare le comunità religiose.

Cominciano a sentirsi delle carcerazioni in persona di quei che ingiuriano col nome di Giacobini, anche ciò era necessario, perché non si potevano più soffrire gl'insulti del popolo.

Venerdí 7 giugno. Si sono trovati dei cartelli affissi in qualche luogo di Napoli, il cui senso era, che invece della Croce, si sarebbe innalzato il giorno 13 l'albero al largo di Palazzo. Si vanno cercando gli autori, e si crede che lungi dall'essere i rei di Stato, siano i birboni oggi detti fra noi Santafede, che vanno suscitando rumori per pescare nel torbido. Iddio sia quello che e] dia tranquillità.

Dopo essere stata la Giunta occupata molto a ben distendere l'indulto, è incorsa in un dubio che non aveva preveduto. Dice nell'indulto, che sono esclusi da quello i profughi e gli assenti dai Reali dominii. Ciò ha fatto che tutti coloro ch'erano nascosti si sono veduti uscire, e ve n'è stato taluno che forse era dei rei principali. La Giunta ha cominciato ad arrestarli come esclusi; si è ricorso all'indulto, e si è detto che non lo erano, ed ecco la necessità di unirsi per interpretare la legge e vedere se sotto la parola profugo si comprenda colui ch'è latitante.

Sabato 7. La Giunta non si fidò risolvere il dubio, ricorse fino al Glossario di Ducange. Si dice che rappresenti. Veramente profugo è colui ch'è fuggito dalla sua patria, mi citava un amico il verso di Virgilio « Italiam lato profugus ». Un'altra persona di spirito diceva ch'è quanto puol dirsi, scrivere in Italiano, e non sapersi che siasi scritto. Il cartello trovato mi si dice che contenesse mille sconnessioni, perché fra l'altro diceva, che siccome l'anno passato i lazzari portavano nudi i cittadini, cosí quest'anno essi si sarebbero vendicati sulle loro mogli e figlie e sorelle che nude avrebbero trascinate.

Domenica 8 giugno. La Regina si vuole che partisse questa mattina da Palermo, altri la dicono partita ai cinque; dicesi che non torni più a Palermo, ma da Vienna passerà a Roma, dove anderà il Re a prenderla per portarla a Napoli. Si dice che sia solita dire, trovarsi più contenta di essere tra i traditori Napoletani che tra i fedeli Siciliani. Sono arrivati quest'oggi due brik Inglesi, non si sa che abbiano portato.

A arrivata la notizia che una colonna francese portata dal generale Bertier era penetrata fino a Torino. Il barone Melas ha staccata parte del suo esercito ch'è al blocco di Genova, l'ha incontrata e battuta fra Torino e Rivoli, obligandola a retrocedere con aver fatti 5m. prigionieri. In quest'azione ci è rimasto morto il generale Ungaro Palfi. Anche Bonaparte si dice calato nei Grigioni.

Si è detto esser venuta notizia ministeriale del trattato nuovamente conchiuso tra l'Imperatore e la Russia, per cui Suarow torni al Reno. Sarebbe ottima notizia.

Sua Santità è in viaggio per Roma, al suo arrivo si restituisce in Napoli il corpo politico Napoletano, vi resta il militare.

Si dicono arrestati gli autori dei cartelli. Non ostante l'indulto quest'oggi un paesano ha fatto del rumore per far arrestare una persona che veniva in galesse dalla strada del Molo, gridando essere Giacobino. La pattuglia ha arrestato tutti e due, e portati al corpo di Guardia. Non so altro. Questo però non si chiama eseguire la grazia che proibisce le denuncie.

Lunedí 9 giugno. S. M. ha spedita al Card. Ruffo una scatola tempestata col suo ritratto e col motto Riconoscenza eterna.

Col generale Bertier vi era anche il celebre Bonaparte, che ha dovuto conoscere di non essere invincibile. Colle truppe Austriache hanno operato anche le masse Piemontesi ciò fa vedere sempreppiù che la illusione è finita.

Martedí 10. La notte scorsa sono seguite molte carcerazioni di rei latitanti usciti, o per dir meglio comparsi, dopo la publi­cazione dell'indulto. Si contano fra questi d. Adamo Santella ed il libraio Gabriele Stasi. Si dice che tanto si arrestano in quanto si hanno come profughi perché citati non erano comparsi, e quindi non devono considerarsi come semplici latitanti. Ciò sarà vero, ma è vero pure che l'indulto dispone di dover cessare le inquisizioni colla publicazione di quello.

Mercordí Il giugno. Continuano le carcerazioni, e fra queste si conta quella di Gambele che fu anche rappresentante. Arresti si dicono pure di popolari tumultuarii, e per questi come si son lasciati dire che il giorno di s. Antonio volevano fare l'anniversario contro le giamberghe, e cosí togliere via tutti quei che essi chiamano Giacobini, cosí si son dati dei regolamenti efficacissimi per tenerli in dovere. Truppa sopra le armi, castella con cannoni puntati su dei luoghi più popolari di Napoli, pattuglie raddoppiate per la città.

Quest'oggi si son veduti quattro legni da guerra in faccia Procida, e fuori Capri se ne scovrivano degli altri, si crede che o sia il Re arrivato a Procida, o più facimente la Regina portata qui dal vento, non essendo naturale che il Re volesse venire senza fare la funzione del Corpus Domini in Palermo che ricorre domani.

Questa sera c'è stata illuminazione per tutta la città pel triduo a s. Antonio, e non mancavasi di andar gridando, che chi non illuminava era Giacobino. Quando finirà questa storia?

Giovedí 12. Questa mattina dal signor principe del Cassero si è publicata la resa e capitolazione di Genova.

La festa del Corpus Domini è riuscita propiissima, e ci si è riveduto l'antico decoro. S. E. facendo le veci di S. M. seguiva immediatamente il SS., e gli faceva ala la deputazione Regia, era preceduto da gentiluomini di Camera in vivo uniforme e ministero in gala, seguiva una compagnia di Moscoviti, un'altra di esteri, ed un picchetto di cavalleria, indi le sue tre mute a sei. La sera evvi stata illuminazione, e molto allegra è stata tutta la popolazione, vedendosi girare quantità di compagnia di gentildonne e galantuomini godendo dei lumi. Il generale Moscovita ha fatto nel palazzo d'Angri una bellissima illuminazione.

Venerdí 13. Giornata per noi memoranda, perché segna l'anniversario della disfatta miracolosa dei ribelli ed entrata delle armi di Sua Maestà per quanto riguarda la data del 13 giugno, per quanto riguarda poi il giorno della settimana, cioè venerdí, ci rammenta gli orrori che in tal giorno cominciarono pei trasporti, saccheggi, ed assassinii e crudeltà commesse dal nostro popolo. E’ stata sollennizzata tale giornata con doppio precetto, e si è trovata scoverta la magnifica croce eretta al largo del Real Palazzo, ov'era l'albore piantato dai ribelli. E' dessa formata su base di marmo e fatta per resistere all'edacità del tempo[*1] .

Domenica 15. Un altro cartello manoscritto si è letto affisso questa mattina avanti Palazzo. La dicitura anche goffa non conteneva che un avvertimento di ringraziare Iddio, s. Antonio, ed il Re, che non avevano fatto riuscire i disegni dei G. F. (mi si dice che vi erano tali espressioni di Giacobini) i quali se non si stavano a dovere, sarebbero stati ammazzati.

Si è resa publica la voce, che con lettera caldissima inculchi S. M. al direttore di Polizia d'invigilare sulla maniera di vestire della nostra gioventù, proibendo specialmente le barbette, i calzabraca, ed i collaretti sulle fiacche di diverso colore dell'abito.

Quest'oggi vi è stata solenne processione al Mercato con intervento di S. E. Cassero accompagnato dal ministero invitato dal popolo, che una tal festa ha voluta.

Lunedí 16. Non vi ha cosa di rimarco da notare nella presento giornata. Le notizie che sordamente si fanno correre non sono niente felici, poiché si dice che i Francesi sotto il coniando di Bonaparte siano a Milano, avendo nuovamente occupato tutto il Piemonte. Iddio non voglia, sarebbe spedita per noi cittadini tranquilli se vi fosse una nuova invasione, perché sicuramente non scamperessimo, o dalle mani del popolo, o dal furore dei Francesi, e molto più dal furore dei patriotti.

Martedí 16. Questa sera si è detto arrivato un corriere con notizie tali che il principe del Cassero voleva si stampassero questa sera medesima. Faccia Iddio che sia vero.

Mercordí 18. Si è publicata notizia officiale dei vantaggi riportati dagl'Imperiali verso Torino, ma non è cosa di grande rimarco.

Giovedí 19. La processione dei quattro altari è riuscita quietissima, per la prima volta dopo quattro anni mi si dice che il regolamento e le disposizioni datevi sieno state ottime, perché si è impedito il passaggio delle carrozze e galessi per tutta la strada della festa. Ai capostrada vi erano dei plutoni di truppa Moscovita e nazionali, aiutanti di piazza, e cavalleria per ogni dove, ed un picchetto di fanteria per ogni altura. S. E. l'ha veduto dal solito luogo della Porcellana.

Venerdí 20. A arrivata questa mattina verso l'una dopo il mezzogiorno una fregata da Palermo, e su quella son venuti alcuni cavalieri e particolari, e sento anche le cameriste di S. M. la Regina, che si è avuta notizia essere arrivata a Livorno il giorno 14 circa le ore 23. Uno dei cavalieri venuto da Palermo mi assicura aver detto a lui la Regina, ch'ella partiva per Vienna, d'onde sarebbe venuta a Napoli subito che avrebbe inteso esservi tornato il Re. Che intanto avesse assicurati i Napoletani tutti che sarebbe venuta piena di eterna riconoscenza, verso tutti coloro che si erano mantenuti fedeli al Re, e di una perfetta dimenticanza del passato. S. M. il Re farà il giro della Sicilia.

A cominciato questa sera un altro triduo d'illuminazione per s. Antonio, di cui si celebra domenica piú sontuosa la festa in s. Lorenzo maggiore a spese dei complatearii.

Sabato 21. S. E. Cassero in tavola questa mattina ha publicata una promozione militare venuta colla fregata d'ieri, e la grazia per tutti gli uffiziali sospesi, che S. M. abilita a poter servire ed essere impiegati.

L'avvocato d. Angiolo Padovano, che subito uscito dopo l'indulto salì sul Tribunale, sento che abbia avuto l'ordine di astenersene, anzi di uscire non si sa se dalla città o dal Regno.

Domenica 17. La festa fatta a spese dei complatearli a s. Antonio di Padova è riuscita solennissima, ed il concorso del popolo lungo la strada di s. Lorenzo maggiore è stato oltre ogni credere, nel tempo stesso che vi era una grande allegria vi regnava pure grandissima tranquillità. La sera oltre la solita illuminazione, vi è stato anche grande fuoco artifiziale. Come i malintenzionati non si persuadono che la intera nazione è avversa a quella chimera di democrazia che avevano essi immaginata, io non arrivo a comprenderlo. Eppure quest'oggi medesimo è stato ammazzato entro le cancelle della Vicaria uno di costoro da una fucilata tiratagli da un Camiciotto che era in sentinella, e si dice che fosse stato perché aveva gridato « viva la Libertà » e il Camiciotto lo avesse minacciato, ed egli avesse lui corrisposto con minacce uguali dicendo: che poco dovevano aspettare per venire liberati, ed allora si sarebbe vendicato, facendo capire che intendeva aspettare l'arrivo dei Francesi. Il Camiciotto entrato in corrivo gli lasciò il colpo che lo mandò all'altro mondo.

Lunedí 23. Si ha notizia che il giorno 17 il Pontefice arrivò a Pesaro, donde a picciole giornate seguirà il viaggio verso Roma. Camina a picciole giornate per soddisfazione dei luoghi ove passa, e per dove è ricevuto con festa ed archi trionfali. A Pesaro trovò lettera di S. M. che gli faceva sapere, che all'arrivo dei ministri Pontificii in Roma, i ministri Regli avrebbero deposta la loro giurisdizione.

Martedí 24. L'aggio sulle carte di Banco è arrivato al 75 e tuttavia cresce. E' una ragione questa a cui non era arrivato da che abbiamo la disgrazia di avere l'aggio. Vi è chi crede che vi cooperi il Governo per fare che si portino le carte all'officio dell'impiego. La verità è che sono varie le concause di questo massacro che stanno soffrendo i poveri posessori di carte, e specialmente quelli che con dette carte debbono vivere.

Mercordí 25. L'aggio continua a crescere, ed è arrivato al 78 per %. Corrono notizie bastantemente equivoche della guerra d'Italia, e già si dice, la Regina sia rimasta in Firenze non potendo passar oltre per andare a Vienna, e che però pensi venirne in Napoli. Anco il Re, vi è chi dice, che sia partito da Palermo fingendo un giro.

Giovedí 26. Seguitano a smaltirsi voci allarmanti: si dice fino che il quartier generale dei Francesi sia a Milano; forte di 120m. uomini, e che le nostre truppe vadano ad accamparsi a Civita Castellana.

Continuando a crescere l'aggio si son fatti aprire alcuni botteghini che cambiano per conto della Corte al 63 per % in rame, al 74 in argento, ma non più che dieci ducati di carta a persona. Gli altri agiotisti cambiano al 79. P, arrivato quest'oggi il pacchetto, sentiremo domani che ci recherà di nuovo.

I Sedili cominciano a sfabricarsi, perché si dice che il Re abbia fatto sentire che si meravigliava come ancora si lasciassero sussistere.

Venerdí 27. R arrivata quest'oggi una feluca da Genova e da Livorno, ed immediatamente si è spedita altra a Palermo.

Sabato 28. Si è saputo questa mattina che Genova era tornata di nuovo in mano ai Francesi, e questa fu la notizia che venne ieri e si spedì a Palermo. Tale notizia ha cominciato ad allarmare il popolaccio del Molo piccolo, ove ha incominciato a sentirsi il solito linguaggio contro le giamberghe e i Giacobini. Si è inteso poi che tutta la notizia era di un armistizio fatto tra l'Imperatore e i Francesi colla mediazione armata di Russia e Prussia per aprire la trattativa di pace, e che per fatti dell'armistizio i Francesi hanno data Magonza ed un'altra piazza agli Austriaci, e l'Imperatore ha data Genova ai Francesi, l'una e le altre per ostaggi.

 

Si sono raddoppiate le guardie per Napoli a causa dei susurri popolari.

Domenica 29. Siamo di nuovo nella massima costernazione. Le voci le piú allarmanti sono sparse per la città, accresciute ancora dalle lettere di Roma. Si crede che l'armistizio non sia che una semplice sospensione di otto giorni, e che l'Armata Austriaca abbia avuta una totale disfatta, né possa più far fronte alla Francese. Altri credono che questa rotta abbia dato occasione all'armistizio. Si aggiunge nel particolare della nostra città, che il lazzarismo abbia spedito tre deputati ad andarsi ad informare del vero stato degli affari d'Italia, onde poi tornare per eseguire il massacro di tutte le giamberghe, come essi dicono. Altri poi dicono che l'armistizio sia venuto ordinato dell'Imperatore, il quale ha fatto sentire essergli state offerte condizioni di pace cosí vantaggiose che non poteva egli rifiutarla. Si aggiunge che i Generali d'Italia si sieno querelati contro tale armistizio, atteso l'ottimo stato dei loro affari. Si dice, che le due piazze frontiere cedute dai Francesi all'Imperatore siano di tale importanza che fanno conoscere che la Francia vuole la pace: non solo la mediazione di Russia e Prussia, ma ben anco di Spagna Danimarca e Svezia; e molto si dice pure che ci abbia cooperato il Pontefice.

Gli allarmisti di genio francese poi accrescono a piú non posso le notizie contrarie. Quello che v'è di piú sicuro è che niente si sa di positivo, perché lettere ministeriali non ne sono venute.

Lunedi 30. Continua l'allarme e la costernazione, ma niente si sa di preciso dello stato degli affari d'Italia, per cui se ne suppone tutto il peggio.

 

 

 

Manda un messaggio

 

 

 

 


 [*1]             In marg. Il conservare una memoria eterna della rivoluzione colla detta croce io non so approvarlo. L'innalzarla sul monte in cui l'albore fu abbattuto sì, ma il costruirla con tanta solennità per lasciarla perpetuamente là piantata, io replico non l'approvo, perché crederei doversi cancellare dalla memoria ogni idea che possa svegliare quella della rivoluzione. La croce fu scoverta la passata notte con molta saviezza per evitare i chiassi del popolo, ma non è mancato di sentirsi esser ciò dispiaciuto ai nostri Santalede, i quali si sono querelati, perché mentr'essi abbattettero l'albore, non sono stati chiamati ad assistere all'innalzamento della croce.

 

 


 [*1]         Costui fu uno dei primi a fare dei proclama, sopratutto inculcando proibirsi la polvere di cipro, e le frisature dei capelli.

 

 

 [*2]         Mi si è detto che il principe del Cassero colla famiglia si pose in mare, e non scese fino alla mattina seguente.

 

 

 [*3]         Così fu di fatto, non essendo stata che una voce sparsa senz'altro fondamento.

 

 [*4]         Si replica la storia dell'anno passato di questi tempi, giacchè anche si designava la notte di Natale per la rivoluzione.

 

 [*5]         Ecco la parte del dispaccio ‑ [L'autore trasandò d'inserirlo, ma deve essere quello scritto d'altro carattere che trovasi infrapposto nelle pagine precedenti, che si dice trasmesso dal principe del Cassaro a d. Felice Damiani, presidente della Giunta di Stato. Il dispaccio, con data del 10 decembre 1799 da Palermo, ordina che si proceda con tutto il rigore delle leggi contro Vincenzo di Stefano, Pascale Apuzzi, Francesco Buscè, Carlo d'Aprei, Antonio BeIpulsi, Desiderio Malinier, Vincenzo Ferrarese, Luìgi Medici ed altri, denunziati come cospiratori. In ultimo vi si leggono le parole, dì carattere del de Nicola: Questo dispaccio fu apocrifo].

 [*6]         Questa sera è accaduto il seguente fatto del quale sono stato testimonio, perché è succeduto in persona di d. Michelino Maza, che abita al secondo appartamento, al disotto della mia abitazione. Circa o n'ora di notte e forse meno, mentre diluviava è passata imbasciata all'anzidetto de Maza che un offiziale dovea pregarlo di cosa di premura per parte della Giunta di Stato. Egli è uscito ed ha trovato una persona con l'uniforme, la quale gli ha detto, che in Giunta vi era un ricorso contro di lui che lo imputava di essere scritto nelle prime quattro compagnie di truppa civica, di aver vestito l'abito republicano, l'uniforme da ussero, essere indi fuggito in Aversa, e dì là tornato anche fuggendo in Napoli, perché volevano i Realisti arrestarlo. Di ciò parte era vero parte falso. Il Maza si è risoluto dicendo, che di sua condotta ne avrebbe dato conto a S. 31. ed alla Giunta quando fosse occorso, onde lo ringraziava dell'avviso. Colui ha soggiunto che aveva ordine di arrestarlo, e che aveva lasciato a basso la sua gente. Allora il Maza, come in sua casa sitrovava per accidente l'aiutante della Piazza, d. Peppino Poerio, così alzando la voce lo ha chiamato. Al sentire quel tale chiamato Poerio, si è tirato indietro verso la porta di uscita. Il Maza ha voluto arrestarlo pel braccio, dicendo « si trattenga ». Ma colui ha finto tirar mano alla sciabla, si è liberato il braccio, e si è posto a fuggire per le scale, dicendo «adesso vado a prendere i granatieri ». Maza è corso al balcone, gridando che si arrestasse. Ma colui è scappato in maniera che non si è potuto raggiungere. Questo fatto fa vedere a che si stia in Napoli.