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Clorinda Irace
E.F.P
Le tracce, i luoghi
Sulle orme di Elonora de Fonseca
Pimentel tra strade e palazzi napoletani |
Via Santa Teresella
degli Spagnoli: La prima dimora
Giunti a Napoli, i nostri viaggiatori, confusi e
storditi dal vociare che subito sembrò caratterizzare la città, ma ‑ al
tempo stesso ‑ folgorati dallo splendore del paesaggio e dei monumenti,
si diressero verso i due appartamenti che avevano preso in affitto dal Duca di
Lusignano in Via Santa Teresella degli Spagnoli. Ci troviamo in quei Quartieri
Spagnoli che oggi sono divenuti simbolo di degrado malavitoso, detti “spagnoli”
perché sorti, nella metà del Seicento, per volontà del viceré spagnolo. Il loro
impianto è scacchiera di impronta classicheggiante e da Via Toledo si
inerpicano verso l'interno, caratterizzati da stradine perlopiù in salita,
dette “vichi”. Ai tempi di Eleonora, i “Quartieri” ospitavano numerosi palazzi,
molti dei quali ancora visibili, fatti costruire da nobili del Regno
trasferitisi nella capitale. Le belle costruzioni aristocratiche si
affiancavano a botteghe artigiane, bassi abitati dal popolino, mercatini. Il
padrone di casa dei de Fonseca era uno di questi nobili, forse rozzo ed incolto
e non molto attento alla cura del suo palazzo: le descrizioni che giungono a
noi parlano di un edificio cupo e malridotto, da cui non si vedeva il mare come
attesta Antonietta Macciocchi che alla figura di Eleonora de Fonseca ha
dedicato il bel testo “Cara Eleonora”. Oltre al Duca che abitava il piano
nobile, nell'edificio c'erano dei terranei che erano occupati da artigiani, in
particolare un ebanista intagliatore, un tappezziere ed un doratore, secondo
quanto afferma Enzo Striano ne “Il resto di niente”.
L'appartamento che Lenor abitò era situato al terzo
piano ed era attiguo a quello dei cugini Lopez. Contava cinque camere e, come
tutte le case dell'epoca, doveva avere soffitti altissimi. Secondo
l'immaginazione del già citato Striano, presentava pareti decorate di oro e di
colore azzurrino un po' stinte e avrebbe avuto bisogno di costose manutenzioni,
poiché aveva finestre sgangherate e macchie di umidità ovunque. Probabilmente
le donne di casa, al loro arrivo, si diedero da fare con le loro abilità
domestiche per ripulire e migliorare le condizioni della nuova dimora. Ma se
l'interno dell'appartamento non era entusiasmante, l'esterno compensò
certamente i neo inquilini. Lenor, bambina piena di curiosità, fu subito
catalizzata dalle scene che si potevano scorgere, a tutte le ore, dalle
finestre che davano sul vicolo. Un'umanità varia ed incredibile si mostrava ai
suoi occhi di straniera che, stupefatta, assisteva a scene a dir poco
incredibili. “Accadevano cose impressionanti e mai viste[*1]” ossia quelle pratiche
quotidiane nella Napoli antica che ad un estraneo potevano apparire
sconvolgenti. Basti pensare al passaggio serale del “latrinaro” che col suo
carico maleodorante attraversava i vicoli per raccogliere i liquami.
[*1] M.A. Macciocchi “Cara Eleonora” 1996 BUR