Clorinda Irace

 

E.F.P

Le tracce, i luoghi

 

Sulle orme di Elonora de Fonseca Pimentel tra strade e palazzi napoletani

Platea della Salata

I primi salotti

La seconda casa di Eleonora si trovava sempre negli odierni Quartieri Spagnoli, di fronte alla chiesa di San Pantaleone. Attualmente l'antica Platea della Salata si chiama via San Pantaleone e la dimora in questione è al civico n° 22, secondo quanto afferma Franco Schiattarella nel suo scritto “La marchesa giacobina” edito nel 1973. Siamo in quei dedali di viuzze dei già citati Quartieri Spagnoli che oggi appaiono veramente difficili da ricollegare al passato: ovunque, infatti, si notano “pezzi nuovi” aggiunti agli antichi e un tempo bei palazzi, fioriscono balconi, balconcini, verande, parcheggi. Difficile immaginare come doveva essere un tempo la dimora in questione. Solo la nostra immaginazione, sostenuta da quella degli autori che hanno scritto sull'argomento, ci può venire in soccorso.

Di certo sappiamo che il palazzo era di proprietà del duca Don Andrea Mendes da Villareale. L' abitazione dei de Fonseca era più piccola della precedente ma posta in uno “slargo tranquillo” ‑ come ci racconta Striano[*1] ‑ vicina al consolato portoghese ubicato a Pizzofalcone di fronte alla Chiesa della Nunziatella. Anche quest’appartamento era attiguo a quello dei cugini ed era posto al piano nobile. Possiamo immaginare che la stanza di Eleonora fosse piuttosto piccola e con pochi mobili date le condizioni economiche poco floride della famiglia ma sicuramente in essa troneggiavano i libri che la giovane ragazza divorava con grande interesse. Fu in questa casa che ebbero luogo le prime riunioni del salotto della giovinetta frequentato da Gian Vincenzo Meola, suo precettore di Filosofia e Greco, da Francesco Mazzarella Farao, docente di Antichità greche e romane, da Francesco Maria Guidi, matematico. Come si usava allora presso la nobiltà, la ragazza alimentava la sua cultura con letture personali ma anche con le lezioni di uomini dotti che tenevano vivi in lei interessi scientifici e letterari. Questa casa fu teatro di eventi importanti nella vita della nostra eroina: dapprima, il fidanzamento con il cugino Miguelzihgno, che costrinse quest'ultimo e la sua famiglia a spostarsi in un'altra abitazione, poiché la legge del tempo non consentiva al futuro sposo di visitare la casa della fidanzata se non nei tre giorni precedenti il matrimonio (era prevista una multa di 150 ducati). Successivamente, nel 1771, in questa abitazione Lenor dovrà affrontare la malattia e la prematura morte – all’età di quarantaquattro anni ‑ dell'amata madre, donna Caterina Lopez de Leon.

 

 

 

Le donne colte

nella Napoli settecentesca

 

Nella metà del Settecento, tra le donne della “Napoli‑bene “ si diffuse la moda di studiare scienze matematiche, fisiche e naturali. Benedetto Croce [*2]  attesta che “molte donne coltivavano questi studi con gran predilezione” e cita i nomi di alcune studiose dell'epoca tra cui Faustina Pignatelli principessa di Colonnello, Mariangela Ardighelli, Giuseppa Eleonora Barbapiccola e altre. La stessa Eleonora, come attesta Vincenzo Cuoco non si limita ad essere una brava letterata come la considerava Croce [*3]  e molti degli autori del suo tempo che la apprezzarono: si pensi al letterato toscano, Domenico Saccenti, che la definì “apollinea Eleonora” o al Legasse Papadia che la incluse tra le ninfe di un sonetto pastorale o, ancora, al più noto Metastasio, che la chiamò “amabilissima musa del Taro''. E' lo stesso Croce a citare Cuoco “1a poesia non era che una piccola parte delle cognizioni che l'adornavano”, e noi intendiamo bene che la nostra Portoghesina fece sicuramente parte di quel circolo di “donne mattematiche” attivo a Napoli nella metà del Settecento, circolo altamente elitario, ovviamente. Frutto di questi suoi interessi scientifici fu anche la collaborazione con Lazzaro Spallanzani, di cui fu allieva ed assistente. D'altronde, a testimonianza dell'eterogeneità dei suoi interessi, ritroviamo notizie di un lavoro contenente un progetto di banca nazionale ‑ purtroppo non giunto fino a noi ‑ frutto di cognizioni economiche, giuridiche, politiche, territori tradizionalmente maschili a quell'epoca. E’ possibile, fortunatamente, leggere un suo scritto del 1790, traduzione e commento di un'opera di Micolò Caravita, intitolato “Niun diritto compete al Sommo Pontefice sul Regno di Napoli” in cui si va ben oltre la traduzione dal Latino e il relativo commento e si dimostra una competenza in materia giuridica e politica notevole per una donna dell'epoca.

 

 


 [*1]  Enzo Striano Il resto di niente. Loffredo editore, 1986

 

 [*2]         Benedetto Croce. La rivoluzione napoletana dei 1799. Bibliopolis, 1998

 [*3]         Benedetto Croce. La rivoluzione napoletana dei 1799. Bibliopolis, 1998