Clorinda Irace

 

E.F.P

Le tracce, i luoghi

 

Sulle orme di Elonora de Fonseca Pimentel tra strade e palazzi napoletani

La casa di Cristo Grande:

le difficoltà

Questa casa sorgeva in una zona verde, verso la collina del Vomero allora poco abitata. Sin dal Cinquecento, era indicato in quella zona il cosiddetto 'Poggio delle mortelle” e Celano ipotizzò che questa denominazione scaturisse dagli alberi di mirto ‑ volgarmente chiamati mortelle ‑ che in quell'area abbondavano. Anche attualmente le stradine della zona in questione presentano denominazioni in cui compare la parola “mortelle” come la Via San Carlo alle Mortelle, il Vicoletto San Carlo alle Mortelle, ad esempio. Anche l'abitazione della famiglia Tria era probabilmente circondata da queste mortelle, che rigogliose, le conferivano un tono agreste. Nelle vicinanze si ergeva un immenso Cristo, noto col nome di Cristo Grande. Carlo Knight nel suo bel testo dedicato ad uomini, luoghi, società nel Regno di Napoli ci parla di questa zona: egli fu assalito sulla via che menava a San Nicola da Tolentino, ove ora è il Corso Vittorio Emanuele e allora era un posto deserto,dove sorgeva una grande croce con un immenso Cristo, noto col nome di Cristo Grande[*1] ”. Appare chiaro anche da questa testimonianza che a quei tempi quella che oggi è una trafficata strada dei Quartieri spagnoli, precisamente l'area di San Nicola a Tolentino verso il Corso Vittorio Emanuele, era una zona periferica, di campagna, addirittura isolata. Al contrario, Palazzo Tria alla Pignasecca sorgeva in una zona centralissima della città. I coniugi Tria optarono per il trasferimento nel verde non certo per una scelta ecologica: fu il dissesto finanziario dovuto alla pessima amministrazione del capitano, ai suoi continui debiti di gioco e alle relazioni extra‑coniugali a spingere la coppia a cercare una casa meno costosa. Eleonora stessa nella testimonianza al processo di separazione[*2]  afferma che a quell'epoca, per motivi di risparmio, mio marito decise di lasciare la nostra casa coniugale e noi ci trasferimmo al Cristo Grande che era verso il Vomero, fuori città, quasi in campagna.

Enzo Striano ne “Il resto di niente” ambienta in questa casa la triste vicenda della morte dell'unico, adorato figlio di Eleonora ma sicuramente l'evento fu precedente. Probabilmente, Striano intende sottolineare la tragicità delle vicende che in questo luogo si dipanarono e che posero la parola fine allo sfortunato matrimonio. Qui, infatti, secondo le testimonianze dei vari atti giudiziarii (non solo quelli relativi alla separazione ma anche la denuncia di Eleonora per sfrattare l'amante del marito dalla sua casa e da Napoli, essendo questa Abruzzese) la scelleratezza di Pasquale Tria oltrepassò ogni limite, giungendo a instaurare una convivenza forzata tra la moglie, l'amante e la figlia di quest'ultima, di cui probabilmente era il padre. Sempre Striano ci fa immaginare Eleonora, tra l'altro incinta, che di notte sorprende il marito mentre giace con la “Cuffiara” Angela Veronica, amante di origini misere e di costumi non morigerati. Gli atti del processo attestano la veridicità di questi eventi che provocarono alla dolente consorte un ulteriore aborto e la definitiva decisione di separarsi dal marito.

 


 [*1]         Carlo Knight “Sulle orme del gran tour” Electa, 1995.

 [*2]  Archivio di Stato di Napoli. Atti del processo di separazione.