Clorinda Irace

 

E.F.P

Le tracce, i luoghi

 

Sulle orme di Elonora de Fonseca Pimentel tra strade e palazzi napoletani

Saltita Sant’Anna di Palazzo:

la ritrovata indipendenza

Con la definitiva separazione dal marito e la successiva morte di costui nel 1785, Lenor poté finalmente sentirsi indipendente, grazie anche a quanto restava della sua dote: ciò le consentì di trasferirsi in una nuova casa che era quella che ancora oggi possiamo vedere alla Salita Sant'Anna di Palazzo, 29 una traversa di Via Chiaia, dove, peraltro, ha avuto luogo un piccolo evento di storia gastronomica napoletana: l'invenzione della pizza “Margherita” nel 1889 in onore della regina Margherita di Savoia.

Una lapide, visibile all'interno della pizzeria Brandi, testimonia l'accaduto. La strada ‑ famosa ieri come oggi ‑ è a due passi da Palazzo Reale e dal San Carlo. La casa apparteneva alla moglie del Marchese Sifola, Donna Maria Galliani, amica di Eleonora, che gliela concesse in fitto. Dopo tante traversie, per la donna finalmente cominciò una vita nuova. Lenor poté finalmente comperare i suoi amati libri senza incorrere in censure, poté aprire la sua casa agli amici che il marito le aveva impedito di ricevere per anni. Si trattò, tuttavia, di una felicità fugace: un quadro di Domenico Battaglia, intitolato “La perquisizione in casa di Eleonora Pimentel Fonseca” ci mostra una scrivania adorna di fregi dorati e tante scaffalature colme di quei libri che compromisero la donna perché proibiti e blasfemi. Ne seguì un arresto, avvenuto il 5 ottobre 1798 che allontanò la nostra dalla casa di Sant'Anna di Palazzo, ove farà ritorno solo dopo l'arrivo dei Francesi e la conseguente evasione dal carcere della Vicaria. Appena scarcerata, Eleonora pagò il fitto arretrato e in data 21 aprile 1799 lo rinnovò fino al settembre '99, non presagendo il suo infame destino. Ripresero, allora, le riunioni politiche che avevano precedentemente animato il salotto di casa de Fonseca. Striano colloca nel salone della casa una spinetta, forse quella su cui Cimarosa compose la musica dell'Inno per la libertà. Ma la casa ebbe ben altra gloria oltre quella di riunire il fior fiore dell'intellighenzia napoletana: fu la redazione de 'Il Monitore napoletano” che questa donna speciale compilò per tutto il tempo della Repubblica. Il primo numero uscì il 2 febbraio e da allora ogni Martedì e Sabato: la vita di Eleonora coincise con la compilazione del giornale, vera avanguardia politica e culturale in una città dove la stampa non andava aldilà del chiacchiericcio salottiero. Croce afferma che nel foglio non trovano spazio facezie: Non distrazioni, non discorsi di letteratura o astratte dissertazioni. Il Monitore va rapido e diritto, tutto assorto nelle questioni essenziali[*1] . La giornalista della Repubblica, dal suo canto, riceve il plauso dei contemporanei come si legge in una nota de Il Monitore di Roma in cui si parla di una benemerita cittadina che ha preso sopra di sé l'incarico di stendere tutto ciò che succederà a Napoli in un foglio cui ha dato il nome di “Monitore napoletano[*2] ”.

 

La casa di Sant'Anna di Palazzo fu l'ultima che l'eroina del '99 poté abitare e ci piace immaginare che, almeno tra quelle mura, qualche momento di gioia lo trovò.

 

 

Una pagina del

Monitore Napoletano

Eleonora Fonseca Pimentel, sul Monitore numero 26 del giorno 20 Fiorile 1799 (9 maggio, giorno in cui San Gennaro fece il miracolo) così scrisse:

E' degna dell'attenzione di ogni buon Cittadino, merita di aver luogo nella Stona, la sensazione per gradi ricevuta dal popolo sabbato scorso in occasione del consueto miracolo di San Gennaro; e deve essere riferita ogni parola detta allora da lui ... Con giudizio visibile San Gennaro doveva ora decidere tra questo sistema ed il Popolo: vedeva questo con piacere l'omaggio prestato al suo patrono celeste dal Commessario e dal generale francese, ed avendo per certo che il santo avrebbe, col ricusar il miracolo, giudicato per lui, tripudiava anticipatamente, e dalla presenza del Commissario e del Generale traeva una gioia di più al suo futuro trionfo. Ma dieci minuti non passano e l'umore appare liquefatto dentro l'ampolla. Nel primo momento, sorpresa e stupore! Nel secondo, perplessità. Nel terzo, decisione e slancio di gioia. Pure San Gennaro si è fatto giacobino!..


 [*1]         Benedetto Croce La rivoluzione napoletana Bibliopolis 1998

 [*2]         Il Monitore di Roma dei 21 febbraio 1799.