Maratea

A Napoli, sul finire del XVIII secolo, divampa il fuoco della rivoluzione che dà vita alla Repubblica Partenopea del 1799. L'incendio rivoluzionario si propaga in Basilicata e anche la popolazione di Maratea, ribellatasi, ottiene l'instaurazione di un governo municipale repubblicano; l'evento viene festeggiato con l'innalzamento dell'albero della libertà. I protagonisti principali della ribellione marateota (tutti classificati dalle autorità borboniche fra i rei di stato) sono l'arciprete del paese Don Giuseppe Alitti, il monaco P. Giambattista Basile del Convento dei Minori Osservanti, il frate Angelo d'Albi del Convento di S. Francesco di Paola, Gennaro Rascio in qualità di commissario repubblicano, il galantuomo Casimiro Ginnari dottore in utroque jure e, infine, il possidente Giovanbattista Ginnari.

 L'esperienza repubblicana di Maratea dura però ben poco. La reazione borbonica, pressoché immediata, viene ispirata dal Vescovo di Policastro Monsignore Ludovisi e guidata dal brigante Rocco Stoduti, che imperversa nel territorio lagonegrese. L'11 febbraio 1799, i controrivoluzionari Biase Ginnari, Pietro Maria Aloise e Gaetano Siciliani abbattono l'albero della libertà; il 3 marzo Maratea è occupata dal comandante della guardia reale Oronzo Mariociello e quindi ricondotta sotto l'autorità del regno borbonico. 

 

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