Capitolo XV.

Venne, vide, fuggì.

(Pasquino)

Attendarono in San Germano ventiduemila soldati, negli Abbruzzi sedicimila, nella pianura di Sessa ottomila; stavano altre seimigliaia nelle stanze di Gaeta, e navi di trasporto pronte a salpare per Livorno”. (Pietro Colletta: Storia del Reame di Napoli).

Il primo campo, quello di 22.000 uomini è diretto direttamente dal Generale Mack. Il secondo, quello di 16.000 dal generale Micheroux. Il terzo, quello di 8.000 dal generale  Damas un francese emigrato dalla Francia repubblicana per convinzioni politiche.

Per una più dettagliata consistenza dell’ esercito napoletano, dei suoi comandanti e della sua dislocazione, consulta il relativo documento.

 

 Joseph-Elisabeth-Roger de Damas

 

L'esercito francese è sparso per tutto il territorio dello stato pontificio.

Ad Ancona ci sono circa 5.000 mila uomini al comando de generale Casabianca. Il generale Lemoine, con 3.000 è nei pressi di Terni. 5000 uomini sono accampati nell’ alto Lazio, sul Tevere, al comando del Generale Macdonald. Infine ci sono circa 1.500 uomini in Roma con funzioni di riserva.

Al comando supremo vi è il generale in capo Jean Etienne  Championnet, inviato direttamente dal Direttorio per fronteggiare un’eventuale invasione Napoletana.

 

Il 14 novembre del 1798, Ferdinando invia ai Romani un proclama  preannunciando la sua decisione “di far avanzare il Nostro Real Esercito dentro lo Stato Romano fin dove l'urgenza lo [richiede];” per “allontanare dai Nostri Dominj qualunque danno, e pericolo” e “ravvivarvi la Cattolica Religione”. In verità la maggioranza delle truppe borboniche sono prive di esperienza e provengono dalla leva di 40.000 uomini reclutati con l’ l’editto di settembre. Inoltre gli ufficiali di alto comando sono quasi tutti stranieri con conseguente difficoltà di comunicazione a causa della lingua. Di contro le truppe francesi sono dei  veterani di guerra formatesi nelle battaglie della 1ª Campagna d’Italia di Napoleone.

Jean Etienne Championnet

 

 

Il 23 novembre l’esercito napoletano entra da tre punti nel territorio romano. Nessuna dichiarazione di guerra precede l’invasione, solo il giorno successivo, il generale Mack partecipa la cosa al generale Championnet con una lettera intimandogli di retrocedere  con tutte le truppe nella Repubblica Cisalpina. E conlude: Une reponse negative sera regardée comme declaration de Guerre et S. M. Sicilienne saura faire valoir par la force, les justes demandes que je vous adresse en son nom [*1] . Championnet ricorda a Mack che egli si appresta ad invadere una repubblica indipendente e che, tra la Francia e il Regno di Napoli, esiste un trattato di pace. Considera, pertanto, il governo Napoletano il solo responsabile della rottura del trattato, “de l’incendie que vous allumerèz” e “du sang qui va couler” e dell’aggressione napoletana  che costituisce una  dichiarazione di guerra.

Jacque-Etienne-Joseph Macdonald

 

    L’ala destra dell’esercito napoletano, costeggiando l’Adriatico, passa il confine attraversando il fiume Tronto. Mette in fuga gli avamposti francesi di Ascoli e punta in direzione di Fermo; il centro, passando per gli Appennini, punta su Rieti; l’ala sinistra, guidata da Mack,  si suddivide in tre tronconi, passa il Garigliano e punta su Roma attraverso le paduli Pontine. Intanto il Direttorio prende 3000 uomini a Championnet da inviare alla guarnigione di Corfù. Un contrattacco francese riconquista Ascoli e il generale Dufresne riesce a fermare la colonna centrale sbaragliando i nemici presso Terni. Questo consente all’ala destra francese, quella impegnata sul versante tirrenico, di procedere ad una strategica ritirata per concentrarsi a Civica Castellana, dove Championnet ha deciso di appostare le sue truppe per meglio affrontare l’esercito napoletano. Prima di ritirarsi anche lui, con le forze di stanza a Roma, lascia, al comando di Fraçois Valterre,  una guarnigione di 500 uomini  asserragliata in Castel Santangelo. A Valterre ha raccomandato di resistere e di non arrendersi fino al suo ritorno; promette infatti di tornare entro 20 giorni.

 

Il 27 novembre l’avanguardia napoletana, condotta dal maresciallo Emmanuele de Boucard, entra in Roma. Ma si mostra “assai stanca e strapazzata, poiché, dopo essersi accampata e susseguentemente messasi in marcia, ha sempre avuto piogge dirotte, ed ha trovato strade

pessime; oltredichè in ultimo ha dovuto venire a marcia forzata attesa  la notizia, che Roma trovatasi esposta a grandi pericoli per parte dei francesi. Molti soldati perciò sono rimasti senza scarpe, vi sono non pochi cavalli spiedati, e a grave stento sono potuti giungere alcuni pezzi di artiglieria, restando ancora per istrada gli latri e carri de’ viveri”. " Giuseppe Antonio Sala, Diario romano degli  anni 1798-99)".

 Bernardo Bellotto:  Castel Santangelo

 

 

FerdinadoIV e Carolina d’Austria

salvatori del trono di Pietro

Il 29 novembre Ferdinando IV entra, salutato trionfalmente dal popolo, in Roma tra grida di “evviva” e “di morte ai repubblicani” e prende alloggio in palazzo Farnese, sua residenza romana. La stessa sera inizia la caccia ai giacobini e agli ebrei la cui unica colpa è quella di avere trovato, con la repubblica, una  dignità civile che il governo papale disconosceva. Molti vengono presi e trascinati per la strada dove vengono percossi, oltraggiati; taluni uccisi e gettati nel Tevere. Le case vengono saccheggiate ed incendiate, abbattuti tutti gli alberi della libertà, abbattuto il monumento funebre in memoria del Generale Duphot;  i più esagitati tentano di assaltare e saccheggiare il ghetto ebraico.

E’ nominata una Reggenza Provvisoria affidata a Giovanbattista Borghese Aldobrandini, Pietro Gabrielli, Camillo Masimi e Giovann Ricci e a capo della truppa urbana Gennaro Valentino. Mack emana norme severe per fermare la violenza popolare ed affida la cattura di quelli che parteggiarono per la Repubblica alla Guardia Nazionale. Vengono presi e trasferiti nelle galere della fortezza di Gaeta oltre 200 persone.

Ferdinando scrive a Pio VI invitandolo a ritornare: “Vostra Santità potrà celebrare i divini offizi nel giorno natale del Salvatore”. Egli parla di un ritorno religioso del Papa non certo politico. Pensa, piuttosto, di mettere lo Stato pontificio sotto la sua protezione militare legandolo al suo Regno. Non consente che al posto delle insegne repubblicane si pongano quelle pontificie. “Che stemma di Pio VI? Vi s’adattino subito le armi del Re!”. (Monitore di Roma XXVI).

Consoli della Repubblica Romana catturati dai Napoletani.

 

Championnet posiziona il grosso delle truppe dietro il burrone di Civita Castellana, occupa la fortezza  e affida il comando al Generale Macdonald; stabilisce il quartier generale a Terni dove  si ritira con le truppe di riserva, pronto a intervenire in copertura là dove fosse necessario.

 

Burrone e fortezza di Civita Castellana

Al generale Joubert Championnet chiede rinforzi per 3000 uomini. Affianco alle milizie francesi partecipa anche  una colonna di italiani volontari, la Legione Romana, a cui hanno aderito molti napoletani in esilio. Il generale Francesco Pignatelli Strongoli comanda questa Legione.

Vi sono anche truppe polacche dirette dal generale Karol Otto Kniaziewicz.

 

Francesco Pignatelli Strongoli

Karol Otto Kniaziewicz

A Borghetto, Cantalupo, Otricoli e Calvi l’esercito napoletano, forte di 40.000 uomini, ma  condotto maldestramente da Mack, viene sconfitto da quello francese, composto da solo 10000 soldati. In pochi giorni, dal 5 al 10 dicembre, le sconfitte si traducono in una definitiva disfatta. I soldati napoletani, convinti di essere stati traditi e mandati allo sbaraglio disertano e fuggono in massa. “Un orrido tradimento del generale Mack, doppo aver governato le cose qui in Roma con tanti artificiosi ordini, contrordini, dilazioni e lusinghe al suo re, fece sì che le truppe s’avanzassero sotto Civita Castellana senza viveri, e senza commando con i Francesi in quella parte, per cui perirono miseramente molti soldati napoletani, ed altri rimasero prigionieri.” “(Anonimo, Diario dell’anni funesti di Roma)”.

Queste accuse si estendono anche all’esercito ed ai militi: “Diversi officiali traditori, e scoperti giacobini.”; ”La viltà dei Napoletani ha superato qualunque immaginazione”; “I Napoletani sono di loro natura inerti e buoni a nulla” "Giuseppe Antonio Sala, Diario romano degli anni
1798-99)
".
 

Non trascurabile è l’ipotesi che il piano di Mack e forse dello stesso Nelson sia quello di provocare e favorire una reazione francese con conseguente invasione del Regno, ma cosa ancora più importante, un sostanziale alleggerimento del fronte settentrionale  su cui sono pronti a gettarsi nella prossima primavera le truppe della nuova coalizione.

L’ 11 dicembre 1798 Ferdinando fugge da Roma.                 

Per un approfondimento dei fatti d’arme consulta la sezione “TESTI”:

 

1.     Saggio Storico Sulla Rivoluzione Di Napoli di Vincenzo Cuoco.

Capitolo XI - La guerra.

2.     Storia del Reame di Napoli di Pietro Colletta.

Libro terzo Capitolo X° - XI° - XII°

3.     I Borboni di Napoli di Alexandre Dumas.

Volume secondo - Capitoli 12 e 13

4.   Intorno alla guerra tra la Repubblica Francese e il Re di Napoli ed alla rivoluzione che ne fu conseguenza di Francesco Pignatelli   Strongoli

 

 

II°

III°

IV°

VI°

VII°

VIII°

IX°

XI°

XII°

XIII°

XIV°

XV°

XVI°

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<<

 

>>

 

Manda un messaggio

Home Page

Ricerca




 [*1]        Una risposta negativa sarà considerata come una dichiarazione di guerra, e Sua Maestà Siciliana saprà far valere con la forza le giuste domande che io vi indirizzo in suo nome.