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CORRIERE DI NAPOLI E SICILIA

 

(N. II.)


NAPOLI 3 VENTOSO DELLA LIBERTA'

Estratto d'una lettera scritta ad un Rappresentante in Parigi, riguardante la discordia insorta tra il Commissario civile Faypoult e '1 Gen. in Capo Championnet


Napoli 1 Ventoso an. 7.
La dissenzione tra'l General in Capo c'l Commissario Civile è stata la conseguenza della freddezza che costui ha fatto apparir nelle sue relazioni verso il Generale e delle gravi imprudenze che ha commesse. Il suo decreto eccedeva evidentemente le sue facoltà e conteneva delle disastrose disposizioni.
Le facoltà del Commissario Civile che io ho lette con attenzione, d'altra autorità non l'investono che di esercitar il possesso delle Repubblica sugli oggetti che diventano di sua proprietà in seguito degli atti o trattati del General in Capo, mentre quest'ultimo conserva tuttavia la stessa estensione d'autorità per prendere tutte le misure che sono le più vantaggiose alla Repubblica o che egli reputi meglio confarsi co' suoi piani militari. Alle volte prometterà egli anticipatamente tutte le provisioni d'una fortezza a chi gli somministrerà i mezzi d'impadronirsene. Altre volte vien obbligato di promettere a' suoi soldati il saccheggio per prender una Città d'assalto. Vi sono mille motivi particolari ed impossibili a calcolarsi che posson determinare un Generale in Capo.
Or qui il Generale avendo bisogno di formarsi un possente partito che aperte gli avesse le porte di Napoli, e non volendo affatto imitar gli esempj cotanto funesti alle altre contrade dell'Italia, avea promesso ai Patriotti di proclamar immediatamente la Repubblica Napoletana, e di organizzar un Governo Provvisorio. Egli ha mantenuto la sua promessa ed ha trovato molti personaggi ricchi e di grand'influenza pel lor nome e credito, impegnatissimi a secondarlo. La sua condotta leale e franca non gli è stata men utile che le vittorie de'suoi compagni nell'armi. Si è veduto che poteasi ben fidarsi a lui, sì è mostrato con coraggio; e la causa della libertà ha trionfato.
Nel tempo stesso, io debbo con sincerità dichiararlo, il Commissario Civile parlava sempre d'una maniere vaga e piuttosto propria ad ispirar de' sospetti e della diffidenza sulla sorte destinata al popolo Napoletano. Egli ebbe una lunghissima conversazione nel Quartier Generale di Teano sotto Capua con alcuni patriotti del paese i quali si ritiraron da lui inquieti e malcontenti, ma che si rassicurarono sul noto carattere del General in capo e sulla volontà vivamente espressa nelle sue proclamazioni a nome del Governo Francese di creare la Repubblica Napoletana.
Il General in capo nel formar questa Repubblica ha giudicato più opportuno per essa e per la Repubbica Francese di dimandarle soltanto una contribuzione fissa in numerario ed in derrate, riserbando per la Francia solamente gli oggetti d'arti e le personali proprietà del fu Re.
Infatti se ci fossimo noi impossessati per la Repubblica Francese di tutte le proprietà Nazionali Napoletane, si sarebbero queste precipitosamente vendute, e gli Agenti Francesi avrebbero essi stessi fatto delle speculazioni per cui il tesoro pubblico avrebbe avuto appena un terzo del prodotto delle vendite. Per lo contrario dimandando del denaro e delle derrate si conosce il valore fisso che si riceve; si può invigilare sopra di tutto e si prevengono le dilapidazioni.
In disprezzo del decreto del General in capo il Commissario Civile senza dargliene parte, pubblicò e fè per tutto divolgar ed affiggere un Ordine con cui egli distribuiva a' suoi Agenti i Banchi, la Moneta, la Tesoreria Nazionale, le Casse pubbliche, i depositi particolari, i Monti di pietà, le Lotterie, i palazzi, le case di delizie e '1 patrimonio del Re e de' suoi Ministri, la Stamperia Nazionale, le fabbriche e le manifatture d'ogni genere; le razze, i magazzini, i Musei, le Biblioteche, le Scuole pubbliche, e tutti gli stabilimenti relativi alle scienze ed alle arti; i porti, le munizioni di guerra, le fortezze, gli arsenali, le case e le proprietà degli emigrati ch'egli destinò ad essere sequestrate, le proprietà Inglesi, Russe, Portoghesi, Ottomane, Greche e Siciliane, gli oggetti di provvista, di equipaggio, di armamento, i beni Ecclesiastici esposti alla vendita dal fu Re; i dritti feudali le proprietà di Malta e degli altri Ordini di Cavalleria, gli effetti particolari ec.
Tal'è la distribuzione che fa ai suoi Agenti il Commissario Civile. Or che lascia egli alla Republica Napoletana tassata da un'altra banda di una somma di argento esorbitante considerata l'attuale penuria? Ma egli non si degna di neppur pronunziare il nome di Repubblica Napoletana. Questa è proclamata dal General in capo che ha dichiarato di rinunziar al dritto di conquista e riconoscere la di lei indipendenza; ed il Commissario Civile, senza far menzione del Generale in capo e senza tener conto alcuno de' suoi atti e decreti, affettando finanche di non conoscerlo, d'isolarsi da lui ed arrogarsi un'intera indipendenza, mette le mani su di tutto, sparge la desolazione tra i Cittadini e solleva allato del Generale un'autorità rivale e tirannica che distrugge tutte le misure di dolcezza e di moderazione che 'l Generale avev'adottate.
No; il Generale non ha dovuto nè potuto soffrirlo. Egli ha pronunziata benchè con rincrescimento una sentenza severa. Il Governo Francese sarà troppo giusto e troppo illuminato perchè decida la causa a favore d'uno de'suoi amici sinceri che gli ha fatto conoscere il suo attaccamento coll'adempire al suo dovere con coraggio in una difficile circostanza.
Impossessarsi de' Banchi era lo stesso che distrugger il credito e 'l Commercio; impossessarsi de' Depositi particolari era lo stesso che dar luogo alle ricerche Inquisitoriali, alle rapine, alle dilapidazioni. Mettere il sequestro sulle proprietà degli Emigrati in paese dove non ve ne sono,nè vi possono essere, se non quando la legge gli avrà riconosciuti e dichiarati per tali ed avrà assegnato loro un tempo determinato per tornarsene nel loro paese dove il disordine, l'Anarchia e gli assassinamenti prima del nostro arrivo, forzati avevano parecchi anche de' nostri amici i più fervidi a fuggirsene in altre provincie; impossessarsi diceva io, di tali pretesi beni di Emigrati, egli è questa una misura ingiusta del pari che impolitica e direttamente opposta a' voleri precedentemente manifestati dal General in capo ne' suoi editti e ne' suoi proclami.
Il sequestro apposto sulle proprietà Siciliane era ancora più impolitico e più ingiusto sopratutto in un momento in cui dobbiamo noi impiegar de' mezzi assolutamente contrari per guadagnarci la Sicilia e conquistarla alla Libertà.
Finalmente nel punto stesso della pubblicazioni del Decreto del Commissario Civile senza che il Generale in Capo ne fosse stato informato, il Governo provvisorio faceva di suo ordine esiggere un'imprestito di dieci milioni sulla Città di Napoli pel soldo e mantenimento dell'Armata. Questo imprestito si stava con tutta premura pagando, quando la Commissione Civile dichiarò con un suo decreto che qualsivoglia contribuzione non potrebbe essere legittimamente soddisfatta che nelle mani del Recevitore Cassiere nella piazza di San Domenico ec. e tutti i Cittadini che han portato il loro argento in casa de' diversi Cassieri indicati dalla Municipalità, sono ora sorpresi da forte timore di non aver legittimamente soddisfatto alle loro contribuzioni. Tutt'i pagamenti si sono arrestati; il soldo dell'Armata promesso solennemente vien ritardato; gli abitanti di Napoli sdegnati del dispreggio della loro confidenza accusano il loro proprio Governo e la mala fede de' francesi e sono in allarme. Quali terribili risultati derivano per l'Armata Francese e per la Città di Napoli da questo decreto imprudente, impolitico e controrivoluzionario nelle circostanze presenti? Che avrebbero potuto fare di più i nostri più capitali nemici? Io non accuso affatto l'intenzioni di Faypoult ma ben il suo mal umore che l'ha menato ad un passo estremamente funesto e colpevole e che ha costretto il General in Capo a prender contro sua voglia la misura severa di cui ti ho io sviluppati i motivi.


Colpo d'occhio sulla fuga di Ferdinando ultimo, dal suo Regno

L'Austriaco Acton, che regolava la Corte di Napoli, formato avea un vasto piano di perfidia colle Corti d'Inghilterra, e di Torino. Un altro gabinetto non men furbo, che facca finta di sonnacchiare al di là delle Alpi, era entrato nella rinnovata coalizione, la quale diveniva universale, e più formidabile, che mai. L'Inglese avido di ladronecci, e di delitti, il Russo tuttora barbaro, il crudel Ottomanno, regnavano dispoticamente su i mari. Il primo, artefice instancabile delle sciagure del Mondo, comandava agli altri due l'esecuzione di qualunque eccesso di ferocia. Le insegne Imperiali cingevan la linea del Viniziano. Un'altra Armata Austriaca erasi furiosamente gittata su i Griggioni per eseguir la sua unione colle truppe Piemontesi. La fede promessa alla Repubblica Francese dagli Alleati delle Corone, non ancora ben confermata, era già per vacillare sotto gli urti di questo maneggio politico. Il Settentrione, e 'l Mezzogiorno dell'Europa, l'Africa stessa senza consultar il suo niente, i Governatori ingrati d'una Repubblica amata un tempo nell'America Settentrionale, tutti i piccioli oppressori di questo globo formavano una congiura, che pretendeva esterminar fin l'ultimo partigiano della Libertà. Ma l'ora della distruzion de' tiranni è sonata.
Ferdinando si avvanza da traditore, da violatore spergiuro de' trattati alla testa di 80000. uomini. 1 Repubblicani all'improvviso in numero appena di seimila, si ritirano lentamente, e Ferdinando già credesi vittorioso.
Mack, esecutore fedele de'suoi ordini, sparge per tutto la desolazione; gli ammalati negli Ospedali, i Francesi isolati, gli amici de' Francesi, e chiunque vien supposto di esserlo tutti son massacrati, ovvero forzati a sottrarsi colla fuga dalla crudele carneficina.
In Roma i Capi d'opera di Raffaele son distrutti dalla Vandalica Soldatesca di Ferdinando: si dà essa in preda ad una sfrenata licenza, e mette il colmo ai vizj, ed alla miseria de' Romani.
Frattanto il despota di Torino, tocco dal fulmine repubblicano è rovesciato dal trono. Joubert degno figlio della vittoria, interprete della Repubblica Francese, spezza lo scettro del tiranno; e abbassa la di lui nuda fronte sin dentro la polvere I. Gli permette egli di fuggire vergognosamente con un passaporto, e sotto una scorta, per sottrarlo allo sdegno de' popoli, che aveva egli oppressi nella stessa guisa, che traditi aveva i suoi alleati. La Sardegna, meritevole della libertà, ricusa di accogliere il suo tiranno 13 , e va egli tuttora ramingo, proscritto nel sen dell'Italia, asperso del sangue di migliaja d'uomini immolati alla sua vendetta, e delle lagrime, ch'egli ha fatto versare, e carico di esecrazioni, e d'ignominia.
Cosa mai egli è divenuta la grande Armata di Ferdinando?
All'indarno molti de'suoi Ambasciatori (a) presso il Governo Cisalpi
no preparato aveva de' magazini di viveri sulla strada [della sua Armata], principalmente a Loiano sulla cima degli Appennini per la sussistenza della Colonna, che traversar dovea la Toscana, per tagliar a i Francesi la ritirata a Bologna. Ma pochi giorni sono bastati per discacciar da Livorno gli schiavi Inglesi, e Napoletani. Si sono essi precipitosamente imbarcati all'arrivo di un pugno di Repubblicani. Questi ultimi si sono riuniti. Fermo, Terni, Civita-Castellana, Monterosi, Otricoli, Calvi, Rìeti, Civita del Tronto, Cantalupo, Storta, sono state alternativamente il teatro de' loro immortali trionfi. Egli è finita: Roma rinasce; Roma è libera.
Ferdinando sconcertato dall'infelice riuscita della sua spedizione contro i Francesi, misurò allora più rapidamente lo spazio, che avea percorso. Se ne torna in Napoli pien di terrore, e fa pubblicar fastosamente ch'egli è vittorioso, affin di consumar senza ostacolo i suoi ultimi delitti sul continente.
In disprezzo della fede pubblica, di cui si beffano impudentemente i tiranni, Ferdinando aveva rubato il numerario de' sette Banchi di Napoli, il quale aveva rimpiazzato per derisione con carte fittizie, e mensogniere. Non contento di aver annullato il credito nazionale, e trascinata la nazione in una rovinosa guerra, voll'egli ancora rapire alle arti i più preziosi, e più rari monumenti dell'antichità, di cui il bizzarro destino avealo infelicemente reso il depositario; e fe portar via il superbo Museo di Portici, e gran parte di quello di Capodimonte.
Da un'altra banda, mentre che Carlo Emanuele dedito stupidamente a non so qual mendico di Torino, coverto di pidocchi, e di cenci, si porta via ipocritamente le sue reliquie con una porzione della sostanza, e del prezzo de' sudori de' popoli sfortunati, ch'egli chiamava suoi sudditi, e che trattava da schiavi avviliti: Ferdinando devoto in apparenza di S. Gennaro, fa caricare i Bronzi dì Ercolano; le Statue immortali di Apollo, e di Mercurio, il superbo Cammeo di Medusa; e mille altri Capi d'opera del genio degli antichi; quattordici quadri de' più rinomati Maestri; il tesoropubblico, e le ricchezze de' Cittadini su i Vascelli degl'Inglesi. Egli loro dona una mettà della marina dello Stato, e l'impegna ad incendiare, e sommergere l'altra". Indi diffidando delle sue truppe di mare, come di quelle di terra, Ferdinando s'imbarca per la Sicilia in compagnia dell'infame Acton, e di tutta la sua odiosa famiglia, a bordo del Vascello Ammiraglio di Nelson, dopo di avere spogliato de 'loro cannoni il porto, e le fortezze della spiaggia di Napoli.
Quel medesimo Mack, che poco prima portava per tutto il terrore, lo sterminio, e la strage, assalito come traditore in Casoria da i Lazzaroni, che dimandavano la sua testa; quest'orgoglioso Mack, non trovando in alcuna parte scampo veruno, è obbligato il dì l. Piovoso a rifuggiarsi col suo Stato Maggiore nel Quartier Generale di Championnet, che lo ricevè da nemico generoso, lo sottrasse ad una morte sicura, e lo fe condurre con tutto il suo seguito a Milano, dov'egli resta fra di tanto prigioniero di guerra.


Ecco la lettera, che Mack nel forte di sua disperazione scrisse in cattivo francese prima di partire, al Duca della Salandra.

A. S.E. il Tenente Generale Duca della Salandra.

Avendo già dichiarato cinque giorni fa al Vicario Generale del Regno, che non continuerei più nel comando dell'Armata, e non avendo più alcuna confidenza nel pubblico, e nell'Armata; anzi per contrario vedendomi da ogni lato circondato di pugnali, io rimetto il comando dell'Armata tra le mani di V. E., ben persuaso, che se vi resta ancora mezzo alcuno di salvezza, questo ritrovasi nella sua persona, poichè Ella possiede non solo tutte le qualità che si richieggono, ma gode ben anche con giusto titolo della co ' nfidenza pubblica, e dell'Armata. Il Barone de Mack Tenente Generale al servizio di S.M. l'Imperatore
L'ex Duca della Salandra non avendo affatto voluto accettare, rimise questa lettera al Vicerè Francesco Pignatelli, il quale vide dileguarsi sotto la sua mano l'Armata di Napoli, e si trovò ben tosto senza neppur un Soldato, eccetto i Lazzaroni, che aveva egli chiamati in suo soccorso; i quali disarmarono di suo ordine le Truppe del Re; s'impadronirono dei Forti, e si distribuirono fra di loro le armi. Ma dopo la disfatta di questi ultimi, Pignatelli corse in Palermo a raggiungere il suo Re fuggitivo.
Tiranni usurpatori, voi vi siete ingannati: vi resteranno ricchezze sempre maggiori per li popoli liberi, le quali la vostra insaziabile avidità non mai potrà loro rapire di mano. Non si potrebbe da essi pagar troppo cara la vostra fuga: la libertà, l'eguaglianza, la virtù, eccone i primi beni; da questi appunto tutti gli altri derivano. Sotto la mano onnipotente del travaglio, e ne' campi del genio sorgono delle messi immense: il coraggio ne ha sparsi i primi semi; esso ne spargerà continuamente de' nuovi: la Libertà li farà pervenire alla maturità perfetta. Tiranno Efemerida di Palermo, la vendetta nazionale ti seguirà da per tutto; essa già ti è imminente: tu devi essere un esempio eternamente memorabile ai Re violatori di loro promesse. Siciliani, e voi popoli, che provate ancora la sventura d'esser sottoposti a' despoti spergiuri, confessate che ì tiranni sono tanti ippocriti, ladroni, assassini, de' quali bisogna alla fine sterminare la troppo colpevole razza.


Regesti


I. Notizie dall'estero.
- Roma 28 Piovoso. Il Consolato ha celebrato l'anniversario della Repubblica - Parigi 6 Febbraio - Le bandiere prese all'armata borbonica sono state presentate al Direttorio dal Capo di Battaglione Laraitrie.
Costantinopoli 28 nevoso - Crudele trattamento dei prigionieri francesi - Bonaparte darà ai Greci la libertà - Confisca dei beni dei mercati francesi.
- Dublino 15 nevoso - In Irlanda va crescendo il fermento relativamente al progetto di unione.
"L'orgoglio Inglese comincia a bassar di tuono. Si è in Londra, in una grave inquietudine sul destino del povero Re di Napoli. Il dolore, e la sorpresa hanno occupata la piazza di tutte le feste. Illustre Pitt, che vaglia avrà la tua eloquenza per la salvezza del Re de' Lazzaroni- Egli è oggidi in Sicilia; tra poco egli verrà in Londra a ricevere da te i complimenti di condoglienza."
2. Notizie dall'interno. abolito il Tribunale inquisitoriale di polizia. istituita la Commissione per la verifica delle casse pubbliche di introito.
- Si è iniziata la fortificazione del "Cratere" dopo le osservazioni del Gen. Eblé. I Cittadini Giuseppe Schipani e Leopoldo Caracciolo sono nominati (rispettivamente in Calabria e a Capua) Comandanti della G. N.
- Il Gen. Arcambal, Ministro della Guerra, deve agire di concerto col cittadino Dubreton.
- Championnet ordina al G.P. di costruire un vascello e due fregate.
- Il 18 piovoso avviene il giuramento degli impiegati della Marina.
- Viene nominata la Deputazione incaricata di recarsi dal Direttorio a Parigi .
Sono aboliti i fidecommessi.


a) Uno di essi collegato cogli Emigrati Francesi, e con tutti i controrivoluzionari Milanesi, aveva formata una stretta società coll'Ambasciadore di Spagna. A forza d'intrighi, d'argento, di bassezze, e di calunnie gli era riuscito di spogliar de' loro impieghi i Patriotti probi, ed istruiti, e di elevare a i primi posti gli amici de' Re, e dell'Aristocrazia. Quest'uomo rampante nelle circostanze difficili, quanto fiero, ed orgoglioso qualora intravedeva l'apparenza d'un felice successo, ha perseguitato con furore, e con ostinazione i Patriotti Napoletani rifugiati, che si segnalarono sempre pel loro repubblicanismo, il loro talento, e '1 loro coraggio, durante la rivoluzione in Francia, e nell'Italia. Per opra appunto de' suoi occulti intrighi, gli Agenti del Governo Cisalpino tentarono una novella persecuzione contro i Cittadini Cestari, Rossi, Ortoleva, e contro Pagani celebre per le sue opere politiche, ed uno de' membri attuali del Governo Napoletano egualmente che Cestari. Ma il Filosofo fu singolarmente vendicato da' membri Repubblicani del Corpo Legislativo Cisalpino, i quali facendo omaggio al genio, ed alla virtù, dichiararono, che Pagani era stato il bememerito della causa sacrosana degl'Uomini, che egli ha con tanta eloquenza difesi.

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