Capitolo XII. 

La Repubblica Romana

Le pesanti contribuzioni imposte al Papa dal trattato di Tolentino, aggravano le già precarie condizioni economiche dello Stato Pontificio che decide di alienare gran parte delle proprietà della Chiesa.

Nel Luglio del 1997 viene scoperta una congiura repubblicana organizzata da alcuni patrioti romani, tra questi il medico Angelucci ed il commerciante di religione ebraica Arcorelli.

Il 28 dicembre in seguito ad incidenti tra manifestanti repubblicani e guardie pontificie, viene assassinato il generale francese  Léopold Duphot in servizio presso l’ambasciata francese. Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone  è l’ambasciatore francese a Roma che per motivi di sicurezza decide di ritirarsi. Il Direttorio considera gravemente offensivo l’atto ed decide di invadere lo stato pontificio inviando l’esercito al comando del generale Bertier.

 

L’assassinio del generale Duphot.

Il 10 Febbraio, i francesi giungono nei pressi di Roma ed il 15, molti romani di fede repubblicana, si riuniscono al Foro Romano e proclamano ufficialmente la Repubblica Romana. Nella Piazza del Campidoglio viene organizzata una solenne cerimonia e viene piantato un simbolico albero della Libertà.

Proclamazione della Repubblica Romana

il 15 febbraio del 1798

Due giorni, dopo l’esercito francese entra in Roma; il 18, viene celebrata una solenne messa di ringraziamento in San Pietro.  Alla presenza di cardinali ed altri prelati viene cantato il Te Deum. 

Il Papa si rifiuta di riconoscere la mutata situazione politica e viene condotto in un monastero a Siena.

Verrà portato poi a Firenze ed infine in Francia a Valenza, dove morirà nell’ agosto del 1799.

Partenza di Pio VI da Roma dopo la proclamazione della Repubblica

Il 20 marzo 1798 viene promulgata una Costituzione a modello di quella francese del 1795. Fanno parte del governo della Repubblica Romana membri della borghesia, professionisti ed aristocratici. Tra questi troviamo: i Principi Francesco e Marcantonio Borghese, il duca Francesco Sforza Cesarini e il Principe di Santa Croce. Vengono abolite tutte le leggi che discriminavano i cittadini di religione ebraica, che non sono più costretti a vivere nel ghetto. Il governo repubblicano, inoltre, abolisce i feudi e i fedecommessi e propone una legge per limitare la proprietà terriera che non si riuscirà a portare all’approvazione. Non mancano manifestazioni ostili al governo originate,  all’ inizio, dal sentimento antisemitico popolare e, successivamente,  delle ruberie dei soldati francesi e dalla propaganda di agenti napoletani.

Si sviluppa in Roma in questo periodo una forte attività politica e giornalistica. Come a Milano si raccolgono parecchi patrioti Napoletani costretti all’ esilio: Vincenzo Russo, Francesco Mario Pagano, Pasquale Matera e Francesco Pignatelli Strongoli; il loro lavoro per la formazione e la crescita di un paese democratico e repubblicano è intenso e sostanziale. Vincenzio Russo pubblica “I Pensieri Politici” e partecipa al giornale repubblicano “Il Monitore di Roma”, che ospita anche contributi del Pagano. Il Matera si arruola nell’esercito francese, il  Pignatelli comanda una legione repubblicana.

La maggioranza dei sostenitori del governo repubblicano propende per l’unificazione dell’ Italia tutta e dell’ estensione del modello democratico a tutto il paese, ma tale progetto non trova d’accordo i commissari francesi. Bertolio, uno di questi,  scrive al Direttorio: « Gênes et Milan sont remplis de têtes exaltée, qui non rêvent que l’unité d’une Repubblique dans toute l’Italie, sistême contraire aux interêts de la France, sistême que , nous savion, ne devait pas être propagé à Rome, et que nous avions à craindre de voir s’y établir par des communicatios trop étroites avec les hommes dont il est l’idole  [*1] »

 

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 [*1]  Genova e Milano sono piene di teste esaltate che non sognano che l'unità di una Repubblica in tutta l'Italia, sistema contrario agli interessi della Francia, sistema che, noi sappiamo, non deve essere diffuso a Roma, e che noi dobbiamo temere che vi si stabilisca per i rapporti troppo stretti con gli uomini di cui è l'idolo.