Parte V.   

 

A 30 anni dalla partenza del Re Carlo III, Napoli appare come una delle migliori città d'Europa.

 

 

La posizione geografica, il clima, la ricostruzione e sistemazione  urbana, la presenza di grandi ingegni dell'arte, della musica, del pensiero  e dell'intelletto, ne fanno la meta preferita di tanti stranieri.

 

 

Gaspare Vizzini : Un concerto di Domenico Cimarosa

 

 

 

Teatro San Carlo

 

 

Molti riferiranno la loro stupita ammirazione per questa città ed per il suo popolo. "Quando io vorrei esprimermi a parole, appaiono soltanto immagini davanti ai miei occhi:  il bellissimo paesaggio il mare libero, le isole scintillanti, la montagna ruggente: mi manca la capacità di descrivere tutto ciò.  Napoli è un Paradiso, tutti ci vivono in una specie di inebriata dimenticanza di sé; [..] ed é per me una strana esperienza quella di trovarmi con gente che non pensa ad altro che godere" (V. Goethe: Viaggio in Italia).

 

 

Johann Heinrich Wilheim Tishbein: Johann Volfang von Goethe

 

  

 

 E se è vero che l'esempio viene dall'alto di certo Ferdinando e Carolina in quest'arte del vivere e del godere sono dei veri maestri. Oltre ai reciproci tradimenti già accennati e alla passione per la caccia di Ferdinando, trascorrono gran parte del loro tempo tra feste, pranzi all'aperto, alla maniera spagnola, giochi e balli di corte, che spesso non terminano prima dell'alba. Tutte le ricorrenze vengono festeggiate: onomastici, compleanni, nascite, matrimoni, Carnevale e festività religiose; e tutto a carico della finanza pubblica.

 

Antonio Joli: Cuccagna a largo di Palazzo

 

Napoli è ora, con suoi 400.000 abitanti,  la terza città d'Europa, ma la miseria segna la vita di molti di essi. Migliaia di persone vivono ammassate in tuguri, in bassi o peggio ancora all'aperto; il lavoro è un caso e la sopravvivenza è spesso legata a piccole azioni illegali e criminali, quasi mai perseguite. Questi poveri derelitti sono chiamati "lazzari" (probabilmente dallo spagnolo "laceros") perché vestono con laceri stracci e ad essi, quando tutto va bene, toccano i peggiori e più pesanti lavori e tra l'altro anche malamente remunerati. Nonostante le difficoltà quotidiane, i lazzari vedono nei consumi sfrenati della corte e della nobiltà l'unica possibilità di sopravvivenza. Il loro attaccamento al Re e alla Monarchia, salvo eccezioni e quelli inconsciamente sospinti e manovrati, non discende da motivazioni ideali, ma piuttosto dal timore di perdere anche quel poco  che la monarchia assicura loro: una "manciata" di maccheroni e una certa impunità nei reati minori. Paradossalmente il lazzaro si considera libero: "Il lazzaro non ha padrone, non ha leggi, è al di fuori di tutte le esigenze sociali: dorme quando ha sonno, mangia quando ha fame, beve quando ha sete. Gli altri popoli si riposano quando sono stanchi di lavorare: lui lavora quando è stanco di riposare" (A. Dumas : Il corricolo).

 

 

"Sopra tali uomini e tali cose regnava Ferdinando IV fiacco d'animo e di mente, inesperto al governo de' popoli, propenso a' comodi ed a' piaceri, spassionato di gloria e di regno, e perciò inchinevole a vita torpida e allegra. La regina, che più del re governava, pativa diversi affetti; nata di Maria Teresa, cresciuta nella reggia austriaca tra le sollecitudini di lunghe guerre, sorella di Antonietta regina di Francia, sorella dei due Cesari (Giuseppe e Leopoldo) gloriosi, vaga di ugual rinomanza, avida di vendetta, superba, ardimentosa più che femmina. Le secondava il generale Acton, ministro potentissimo, straniero così di patria e così di affetto a' popoli che gli obbedivano; ignorante ma scorto, e assai fornito delle arti che menano a fortuna. Gli altri ministri o consiglieri servivano muti e obbedienti. Cosicché tre menti, una del re, debole: l'altra della regina, femminile e annebbiata da bollenti passioni; la terza dell'Acton, corrotta da cupidigie private, dovranno guidare il regno per mezzo alle vicine tempeste." (P. Colletta : Storia del Reame di Napoli).

 

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